martedì 7 ottobre 2008

DOVERE E RESPONSABILITA' Non abbassiamo la guardia sull'azione della Corte dei Conti

Corte dei Conti ancora in azione? Certo, e da parte nostra, per dovere e senso di responsabilità nei confronti dei cittadini, attenzione particolare al tema senza mai abbassare la guardia. Mercoledì 24 Settembre è stato promosso dall’amministrazione comunale un seminario di formazione dal titolo:” La responsabilità amministrativa nell’ente locale”. Invitato a tenere la conferenza il dott. Massimiliano Atelli, Consigliere della Corte dei Conti e Capo Ufficio Legislativo del Ministero dell’Ambiente. Persona di grande responsabilità e spessore tecnico.
Come Partito Democratico non abbiamo voluto mancare, perché l’argomento proposto ha approfondito molti degli aspetti che sono utili per comprendere cause e motivazioni di quanto avvenuto a Busto, pochi anni or sono, durante la giunta monocolore leghista a guida Gianfranco Tosi e, per eredità probabilmente inconsapevole, quella di Gigi Rosa, centro destra. Sappiamo che la Corte dei Conti deve deliberare in merito, e che le ripercussioni sulla vita amministrativa, sui dipendenti comunali e quindi sull’intera città si configurano come cosa di non poco conto. Anzi, per essere del tutto sinceri, si caratterizzeranno come notevolmente gravi.
Ciò che ci spinge a prendere come soggetto della nostra conversazione settimanale questo argomento, è la reazione che esponenti autorevoli della maggioranza hanno tenuto in questi giorni. Rischiando, per come la vediamo noi, di rimandare una visione distorta degli avvenimenti, con quale fine giudicherà chi avrà la pazienza di seguire un tema complesso ma scottante.
Come sappiamo, nei prossimi mesi dovranno essere assunti atti che riguardano la riduzione degli stipendi dei dirigenti e di un notevole numero di progressioni per altri lavoratori del comune. I soldi che si ritengono illecitamente erogati sono soldi pubblici: di noi cittadini, per intenderci. E’ bene non scordarlo, quando si inciampa in marciapiedi rotti, buche nelle strade, giardini pubblici privi di servizi, scuole materne che chiedono da tempo piccoli interventi e li ottengono spesso nell’anno del forse…mai. Tanto per restare nelle “ piccole” cose che riguardano l’ordinaria amministrazione.
Il prof. Atelli ha lasciato pochi dubbi in merito. Dove vi sia stata dazione di denaro non giustificabile, vale a dire in mancanza di obiettivi precisi e risultati fissati e raggiunti, questi soldi vanno restituiti. Verso la fine dell’incontro, le parole del nostro sindaco ci hanno lasciati a dir poco “basiti”. E anche un po’ arrabbiati. Il primo cittadino ha evidenziato con una qual sicumera, una presunta ambiguità di alcune norme, piegando i fatti verso l’ipotesi del difetto di interpretazione a proposito degli avvenimenti sotto la lente del giudice contabile. Quasi a dire: se il legislatore fosse stato più chiaro, non vi sarebbero stati errori. Non ha aggiunto: almeno in alcuni casi, per certi aspetti particolari. Niente affatto. La vicenda a chi lo ascoltava poteva apparire frutto di qualche involontario fraintendimento.
Scherziamo? A parte il fatto che persino il segretario comunale scuoteva la testa e si lasciava andare a battute che certo non supportavano l’”analisi del primo cittadino, forse è il caso ricominciare ad assumersi le proprie responsabilità, caro Farioli.
Ovvero: 1) se anche l’alleato leghista scalpita per insabbiare le cose, alla città non importa. Ora governi tu, e tua è la responsabilità delle affermazioni che rilasci e delle decisioni che prenderai;
2) il 24 luglio 2007, due mesi or sono, la Tua giunta ha licenziato cinque delibere in autotutela: che vuol dire annullare procedimenti che si riferiscono alla vicenda in questione per non esserne coinvolti. Molto giusto.
Qualcuno deve ricordarti che hai dovuto farlo per prendere le distanze da atti in cui la legge richiedeva necessariamente il parere dei revisori dei conti, con apposita relazione illustrativa tecnico contabile, che non c’è mai stata? Come lo chiami questo, un “difetto” d’interpretazione? Anche l’erogazione di stipendi pari a 38.000 euro il mese di agosto, e magari altrettanti qualche mese prima, sono un difetto d’interpretazione?
Per favore, siamo seri! Qualche fatto certamente ricadrà in quello che Atelli ha definito danno lieve, e quindi involontario. Il resto è danno grave, di cui si deve rispondere. A cui un’amministrazione seria deve far seguire atti conseguenti, se ne è convinta. Se no, prenda pubblicamente posizione, e difenda chi li ha assunti.A proposito: le delibere citate sono facilmente reperibili sul sito on line del Comune di Busto, numeri: 393,394,395,396,409. Dobbiamo dire altro? Verrà rimproverato altro all’opposizione? Volete che facciamo di più? Siamo d’accordo, carissimi cittadini. Alle prossime amministrative, per favore, spegnete la televisione per un po’, lasciate perdere quello che succede a Roma e, guardando in casa nostra, osate un atto coraggioso e innovativo: cambiate voto. Possiamo fare di più, meglio e con onestà.

"CASO" LATTUADA Proviamoci col dialogo dopo un Consiglio Comunale soft

Il primo consiglio comunale della ripresa dopo la pausa estiva, si è svolto martedì 16 settembre, ed è stato un consiglio per così dire “soft”. Con una sola delibera all’ordine del giorno, si sono potute affrontare interrogazioni e mozioni dei consiglieri, da tempo ferme in attesa di essere discusse. O meglio: sono state trattate ed evase quelle dei consiglieri arrivati e rimasti in sala esagonale, e non quelle di chi se n’è andato poco più di mezz’ora dopo l’inizio, come i colleghi Porfidio e Corrado. Su questo, transeat.
Nei tre minuti che lo statuto mette a disposizione di ciascun gruppo per trattare un tema a piacere, dal banco di Rifondazione Comunista è stato letto un comunicato che stigmatizzava l’eventualità che nella costituenda giunta due del sindaco Farioli possa essere chiamato a svolgere un ruolo di assessore Francesco Lattuada, capogruppo di AN. La richiesta di evitare il conferimento dell’incarico all’esponente politico, è motivata dal fatto che lo stesso è da alcuni mesi sotto inchiesta della magistratura per ipotesi di reato configurabile come “apologia di nazismo”. Un reato rubricabile fra quelli di opinione, certo, ma che suscita un moto di ripulsa, inevitabile quando lo si associa all’ideologia nazifascista.
Questo comporta una valutazione quanto meno di opportunità, a cui il sindaco non può sfuggire e di cui sarebbe chiamato a rispondere. Soprattutto considerando che viviamo anni, nella nostra città, segnati da momenti difficili e preoccupanti, in cui rigurgiti di ideologie che la storia ha definitivamente condannato si sono manifestati più volte e con violenza. Per ricordare i fatti più eclatanti, citiamo l’attentato alla sede dell’ANPI, la vergognosa aggressione verbale e intimidatoria al nostro Angioletto Castiglioni, da parte di un gruppo di facinorosi naziskin, l’indagine su gruppi il cui obiettivo era la ricostituzione del famigerato patito nazionalsocialista, con tanto di festeggiamento per l’anniversario della nascita di Hitler, che ha coinvolto l’esponente politico menzionato. Fatti che hanno avuto risonanza nazionale, e di cui Busto non può certo dirsi fiera.
Anche in politica, continuano le polemiche sulla ricostituzione di un comitato antifascista, su cui non c’è condivisione d’intenti in merito al se e come concretizzarlo nuovamente. Così, per reazione, piccoli gruppi provano a farselo “in casa”, per così dire; dimenticando la lezione degli antifascisti veri, i nostri partigiani, che sapevano e sanno quanto sia imprescindibile estendere la partecipazione, non restringerla. Lezione che un partigiano del valore di Giovanni Castiglioni ha caparbiamente insegnato a tutti, sempre.
Il timore che suscita in noi questa situazione è il rischio di stagnazione, la contrapposizione sterile, la regressione verso l’impossibilità di un dialogo fecondo fra coloro che sono disponibili a lavorare in questa direzione.
Per questo, le parole pronunciate dal Presidente della Camera, Gianfranco Fini, il 13 settembre alla Festa dei giovani del suo partito sono un evento importante: inaspettato, forse non compreso fino in fondo, eppure carico di implicazioni.
«Sono convinto - ha scandito Fini - che la destra politica italiana debba dire alto e forte che si riconosce in alcuni valori, in particolare i valori della libertà, dell’uguaglianza e della giustizia sociale. Sono tre valori tipici di ogni democrazia, ben chiari nella nostra Costituzione. Valori che a pieno titolo possono essere definiti valori antifascisti». Da questa premessa Fini ha fatto discendere una serie di affermazioni inequivocabili, prima fra tutte «ogni democratico è antifascista». Ben sapendo che non tutti gli antifascisti (quelli che credevano nell’Unione sovietica di Stalin) erano democratici. Un discorso senza dubbio apprezzabile, un passo fondamentale verso la costituzione di una destra antifascista e moderna: senza nessuna nostalgia per la storia, gli uomini, i simboli del passato nazi-fascista. Simboli che, a Busto, alcuni rivendicano come legittima opinione fra tante, dissociandoli dalla morte e dal terrore di cui sono portatori.
La verità di quelle parole sostiene quel legame costituzionale nato dalla Resistenza e dalla Liberazione che, unico, può fondare una memoria condivisa, una riflessione storica comune. Apre la via ad un dialogo, nel senso vero di “parlare insieme di qualcosa”, affinché il parlare renda possibile l’incontro. E questo implica che dall’altra parte si istituisca quel “saper ascoltare”, che di un colloquio è parte costitutiva.
Proprio quello di cui avremmo bisogno nella nostra città. Per isolare i violenti e gli ottusi, per far finire un’epoca di chiusure e conventicole, di gruppuscoli e comitatini che coltivano la separazione quasi fosse essa “il” valore, e loro i possessori dell’unica verità vera. Dopo i tanti, brutti avvenimenti di quest’anno, se proprio Busto si facesse punto di partenza per il nuovo, sarebbe un bel segnale. Proviamoci.

SOFFERENZA INDUSTRIALE Malpensa, Fiumicino... e tutti zitti-zitti?

Nelle ore in cui scriviamo queste righe, la tensione per il futuro di Alitalia è alle stelle. Sabato 13 settembre, la giornata più nera di questa vicenda, migliaia di viaggiatori hanno telefonato al call center della compagnia di bandiera per avere informazioni sulla situazione dei voli e la validità dei biglietti. I centralinisti hanno sconsigliato l’acquisto immediato: ”Aspetti a comprare il biglietto, ancora non sappiamo niente di sicuro”. E’ in pericolo anche la licenza di volo: siamo al caos e a una fine indecorosa, perché di fine si tratta, comunque vada. L’elenco completo e la graduatoria delle responsabilità sono pressoché impossibili in poche frasi: si tratterebbe di riscrivere l’intera storia, interessante comunque perché sarebbe metafora della storia italiana e dei suoi intrighi e intrecci politici, economici, finanziari, corporativi.
A noi che, con buona pace di altre autorevoli opinioni, non siamo ancora dissociati tra l’essere bustocchi e varesotti, e poi italiani; a noi che ci preoccupiamo della situazione per il suo impatto complessivo e quindi anche per il futuro di Malpensa e Linate, che sono strategici per il nostro sistema territoriale, viene naturale soffermarci a riflettere su alcuni aspetti importanti. Il Presidente del Consiglio ci aveva imbonito da giorni, pensando che tutto fosse a posto. Poi ha dovuto cedere e intervenire prima che la sua operazione crollasse miseramente, cercando di accollare le responsabilità alla sinistra per il no di quei sindacati, la cui collocazione alla sua destra dev’ essergli sfuggita. Una faccia tosta encomiabile, dopo che per ragioni elettorali e politiche ha infilato Alitalia in questo incubo. Ve lo ricordate Berlusconi, prima della rinuncia di Air France, da leader dell’opposizione farsi paladino della bandiera dell’italianità?
Eppure, per le prospettiva industriali e strategiche, per il prezzo dell’operazione – ad Air France sarebbe costata 3 miliardi, senza oneri per i contribuenti – per la pulizia e chiarezza delle procedure, quella era una soluzione indiscutibilmente migliore. Oggi siamo di fronte ad un progetto che metterà a carico dei cittadini – anche padani!- un miliardo e mezzo (dopo che in questi anni ne abbiamo già pagati 3) settemila esuberi e una decontribuzione dei costi del lavoro a favore delle aziende, che rischia di creare un pericoloso precedente, perché in Italia crisi ce ne sono ovunque, e altri potrebbero giustamente chiedere lo stesso trattamento. Il tutto per un piano che non darà vita a una nuova e importante compagnia di bandiera, ma alla nuova AirOne domestica e monopolistica con capacità di azione e investimenti limitati.
Che significa questo per noi? Che la nuova società non riuscirebbe mai a dare risposte territoriali adeguate. Come: prima una polemica infinita per i due hub di Fiumicino e Malpensa, e adesso che non ce ne rimane nemmeno uno tutti zitti? Tutta la diatriba su chi dovesse tenersi l’hub, Milano o Roma, era una presa in giro?
Che si possa sganciare la sorte di Alitalia da Malpensa è cosa ovvia: come si faccia e i risultati da ottenere sono ben altro, non vi è nulla di sicuro e di già scritto nelle stelle. Di certo appare sempre più probabile la sofferenza industriale di Linate e Malpensa nel prossimo futuro, e la fine delle speranze che quest’ultima possa caratterizzarsi come un vero hub, in grado di competere con gli altri aeroporti europei che lo sono da tempo. In un’area strategica come il corridoio 5, attraversata dall’alta velocità e da un sistema di relazioni economiche di altissimo livello, il problema dell’assenza di un trasporto aereo a caratura internazionale non è cosa che si possa sottovalutare. E allora siamo sinceri: la battaglia l’abbiamo persa, e chi sta oggi a Roma ha voluto che la perdessimo. La bandiera? Si sarebbe potuto investire perché imprenditori italiani entrassero nell’azionariato. Meglio partecipare ad una cosa grande che essere padroncini di una cosa piccola. La paura che da parte di Air France si sarebbe mirato a eliminare un concorrente è, prima di tutto, una paura che risente di una mentalità ancora provinciale. Siamo nell’era della globalizzazione, del mercato globale: dobbiamo ricordarvelo noi? Ciò che conta è raggiungere gli obiettivi aziendali, diventare forti e competitivi: questo un’azienda sana persegue, non la nostra francesizzazzione; e, quand’anche il timore fosse fondato, la capacità di condizionamento dei nostri azionisti avrebbe avuto il suo peso. Sempre meglio di una piccola compagnia regionale, pagata dai cittadini. E forse eppure quella.Oggi, se anche una soluzione fosse raggiunta, sarebbe solo una pezza che lascerebbe aperti enormi problemi. Di fronte al conflitto politica-logica, caro direttore, sembra che manchino entrambe. O, forse, sono rimaste tutte e due quelle di sempre: quelle di una classe dirigente non all’altezza di un mondo che “vola”

COMMEDIA GIA' SCRITTA "Rimpasto di Giunta" non solo questione di forma

I pochi giorni di vacanza volano. Li aspetti un anno, e prima ancora che te ne accorga sono passati. Niente di più banale, eppure niente di più vero. Una storia che si ripete a ogni anno che passa.
Fra le cose che più si apprezzano nei giorni di riposo vi è quello “staccare la spina” che non è tanto, o non solo, sospendere il lavoro per un poco. Nella nostra cosiddetta società post-moderna e ultra mediatica anche il bombardamento di informazioni, soprattutto per chi si occupa di politica, è spesso una delle principali cause di stress. Per questa ragione chi ha avuto la fortuna di andare via – e ricordiamo i tanti, troppi, che non possono godere di questo privilegio - quando ritorna è spesso preda di una sorta di smarrimento. Pieni di buona volontà e di energia, ci aspetteremmo una ripresa vivace e operosa, all’altezza dei problemi che si devono affrontare. Poi, dando un veloce sguardo al dibattito politico-amministrativo, e ci riferiamo a quello cittadino, l’entusiasmo se ne va, come le belle giornate, il ricordo del mare, del sole e delle buone letture rimandate durante l’anno e godute in piena tranquillità.
Già di per sé la situazione generale non è delle migliori. Le prospettive di crisi economica in tutti i Paesi dell'Unione Europea sono sempre più nere: giù i consumi, giù gli investimenti. Per noi, che siamo sicuramente messi meno bene dei cugini europei, la situazione è ancora più preoccupante.
I cittadini al ritorno dalle ferie hanno trovato rincari in ogni settore: bollette - energia e gas in testa -, libri di testo, generi alimentari, carburante. Tranne stipendi e pensioni, tutto sale. La manovra fiscale sembra scaricare tutti i costi su Regioni e Comuni, già da tempo in difficoltà con i bilanci. Fra ottobre e dicembre prossimi il Parlamento dovrebbe votare la legge delega sul Federalismo - rispetto al quale come forza politica non abbiamo pregiudiziali - ma che va verificata nei dettagli poiché i costi economici e sociali per la collettività non sono ancora quantificati. Approvare una riforma di queste proporzioni in così breve tempo può far correre il rischio di varare un aborto informe se non addirittura un mostro legislativo. Per di più in tempi di recessione e di estrema preoccupazione del gettito tributario. Ci auguriamo che alcuni nodi spinosi, come la ripartizione di Irpef e Iva tra centro e periferia, vengano affrontati già nella legge delega, senza rinviarli. Al momento sui comuni pesa come un macigno l’abolizione della tassa sulla casa, ma già si pensa di reintrodurla in qualche nuova forma.
E a casa nostra di cosa si parla? Sembra che due siano i tormentoni che sono stati al centro dell’attenzione, peraltro non troppo alta, nella stagione che sta per concludersi. Il principale è quello legato al rimpasto di giunta.
Non è una questione di sola forma. Investe la sostanza di un’azione amministrativa che, a poco più di due anni dall’insediamento, non ha dato grandi segnali di capacità decisionale ed efficacia. Da mesi abbiamo due assessori dimissionari, in settori importanti come il bilancio e il personale. Si pensi alle misure della finanziaria, al federalismo fiscale e al rilancio della pubblica amministrazione: è chiaro che tirare in lungo nel definire un esecutivo che sia nel pieno dei suoi poteri è un segnale di debolezza politica. La stessa che si rivela quando si annuncia per ferragosto la chiusura del cerchio, e poi non si tiene fede alla parola data. Meglio tacere.
La mancanza di una leadership cittadina forte e credibile è sotto gli occhi di tutti. Le difficoltà di tenere insieme una coalizione sono innegabili, i problemi iniziali anche. Ma ci sono amministratori capaci che lasciano il segno. Non sembra il caso di Busto. A nostro avviso, il difetto principale è dato dalla mancanza di una progettualità politica che, al di là della spartizione delle poltrone, costituisca un saldo punto di riferimento per chi deve decidere e motivare la squadra di governo. Un difetto di “fabbricazione” della giunta Farioli, che temiamo non sarà superata nel resto della legislatura. Poco importa quale partito comanda e chi avrà questa o quella poltrona, per quanto poco decoroso a volte si presenti lo spettacolo. La commedia sembra già stata scritta, e gli attori la recitano.
Purtroppo per tutti noi, per i cittadini e la città. Che ha bisogno di muoversi e riprendere slancio, mentre sembra ingessata e incapace di darsi un’accelerazione. Le forze produttive, le potenzialità innate di una città orgogliosa e capace sono pronte a rispondere all’appello. Ma la politica sembra incapace di lanciarlo. Un’afasia che rischiamo di pagare per molti anni. P.S. Il secondo tormentone ci riguarda direttamente come Partito Democratico, e investe le modalità della nostra opposizione. Ne abbiamo già parlato più volte, e ne riparleremo. Il dubbio che ci coglie è uno solo: non è che qualcuno vuole farci giocare al suo gioco, stabilendo modalità e contenuti? Si rassegni: possiamo giocare bene o giocare male, ma di certo non ci facciamo dettare le mosse. Da nessuno.

DECIDERE E... CONTROLLARE Eravamo e siamo all'opposizione, non rifuggiamo dal dibattito

Accettiamo di buon grado il confronto proposto dal nostro direttore e interveniamo nel dibattito sulla recente, ma intensa, “storia politica” di Busto. La discussione è stata aperta dal collega Bottini, con un’analisi sull’acquisto del calzaturificio Borri e la mancanza di un adeguato utilizzo che a tutt’oggi lo caratterizza. Poi, stimolato da chi ci ospita, sempre Bottini apre una riflessione dal titolo “Dove eravamo” negli ultimi quindici anni?
Per quanto ci riguarda, una cosa è certa. Eravamo, e siamo, all’opposizione. Sia prima, negli anni a monocolore leghista, che dopo, quando chi stava all’opposizione della Lega - e con accenti forti - ha deciso di allearsi con l’avversario di un decennio.
L’affermazione non venga letta come un voler rifuggire dalla serietà del dibattito. Per quanti limiti ed errori possano esserci imputati, onestà intellettuale vuole che non si possa equiparare, quanto a responsabilità concrete, chi deve amministrare e decidere con chi ha un ruolo di controllo. Non è un caso che quando iniziarono i problemi dell’impoverimento della macchina comunale, con tutto quello che ne è seguito, chi era all’opposizione ieri, e governa oggi pagandone lo scotto, non riuscì a contrastare il processo in corso. Governo e opposizione non sono sullo stesso piano.
Due elementi delle considerazioni di Bottini ci trovano comunque d’accordo. Temi scottanti come il Borri impongono una riflessione politica a tutto campo, che esula dal semplice riferimento urbanistico. Inoltre, se “la storia siamo noi, nessuno si senta escluso” come cantava De Gregori qualche anno fa, ogni realtà che ha un suo posto nell’economia cittadina – dai media alle imprese, dalle associazioni culturali alle istituzioni religiose – non può esimersi da un esame costruttivo del proprio operato. Perché, e questo è un fatto e non un’opinione, raramente hanno esercitato quella neutralità che a parole rivendicano e negli atti non praticano, o praticano molto poco.
Non possiamo che compiacerci con il nostro collega di Forza Italia che rileva oggi i salti acrobatici di qualche mezzo d’informazione. Speriamo non sia solo perché cavalca il baio altrui invece del proprio.
Alcune riflessioni di merito. Lo tzunami di Tangentopoli fu l’effetto, non la causa, della crisi che ha investito la politica e i partiti della prima Repubblica. La Lega ha saputo interpretare questo nuovo contesto. Forse, come dice Bottini, all’inizio con personale poco esperto, “raccogliticcio”, ma con un’intuizione iniziale in cui, accanto ad elementi identitari spesso folkloristici ed espressi in modo volutamente becero e aggressivo, ha accostato una difesa populistica ma elettoralmente efficace degli interessi dei territori. Questo le ha assicurato una rendita di lungo periodo, e un’occupazione dei gangli politici ed economici anche nella nostra città. Una domanda sorge spontanea: data l’analisi non proprio generosa che il collega opinionista fa degli anni di amministrazione leghista, perché poi si sono alleati? Banale la risposta: perché le alleanze non si decidono a casa nostra, ma a Roma o, se va bene, ad Arcore. Legittimo, ci mancherebbe. Ognuno fa quel che può. Però ricordiamolo, altrimenti risulta difficile comprendere i diversi capitoli di questa storia.
La difesa della patria che caratterizza AN, e il federalismo della Lega spinto a volte ai limiti della secessione, per esempio, non si ricompongono sull’altare degli ideali. Più facilmente, su quello dell’interesse a governare.
I ritardi del centrosinistra a capire questi e altri processi, le sue rigidità e divisioni, in una realtà che pur cambiando manteneva una fisionomia fortemente conservatrice, hanno rallentato la capacità di contrastare l’egemonia del centro destra. Privilegiando, inevitabilmente, una politica del “cosa non va bene”, pur necessaria, rispetto a una del “cosa si deve fare”.
Dal tono dell’intervento di Bottini notiamo un’autocritica non da poco. Quello che manca è però il pezzo più importante: oggi la Lega dovrebbe aver digerito la gestione in condominio – o no? – e le persone, se sono inadeguate, si possono cambiare. Anzi, si devono cambiare. E allora, alibi non dovrebbero essercene più.
Bottini, riferendosi al Borri, dice: ” scegliamo un’idea, fra le tante che vivono sommerse e per timore di contrasto non emergono, e trasparentemente cerchiamo dei partner”. Giusto. Scegliete un’idea, per favore. Sul Borri, su Piazza Solaro, sui servizi della zona industriale, su quello che vi pare. Ma scegliete. Perché se l’amministrazione leghista nei suoi primi anni è stata improntata al “freno a mano in ambito urbanistico” – e su questo abbiamo qualche dubbio, vedi Museo del Tessile e Molini Marzoli - la situazione attuale sembra caratterizzata dalla retromarcia della politica. D’accodo, le cose da sistemare sono tante. Ma sei anni di governo non sono bastati a farvi dire: “cosa devo fare per la mia città?”? Ci vuole un altro tzunami?
A futura memoria dei cittadini di Busto Arsizio, per quando torneranno a votare, perché valutino con attenzione i comportamenti e i risultati di chi li governa.
La settimana politica di questo irrequieto e temporalesco fine luglio si apre con un episodio che vale una riflessione, più ancora che un commento di parte, magari rilasciato a caldo ai media che telefonano alle opposizioni.
Cosa che a dire il vero non è nemmeno avvenuto.
I fatti, prima di tutto, come si evincono dalla lettura dei giornali.
Farioli domenica legge in un quotidiano locale che l’assessore di Forza Italia Massimo Buscemi, gallaratese, ha rilasciato un’intervista in cui dice che il sindaco di Busto deve scegliere fra l’amministrazione civica e il consiglio regionale, ruoli che la legge ritiene incompatibili. Una banalità, nella sua evidenza.
Non la pensa così il nostro primo cittadino, che “prende il cappello” ( a luglio? però domenica pioveva, questo è vero) e manda "sms” (sic!) in cui rileva nelle parole dell’autorevole collega di partito un’ingerenza negli affari di casa nostra. E proprio nel delicato momento in cui si tratta della redistribuzione delle deleghe assessorili. Come si sa, Buscemi è presidente onorario dell’Associazione Dialogando, che raccoglie le forze di una delle componenti di FI a Busto. Chi ha orecchie per intendere intenda.
Così il sindaco chiede ed ottiene le deleghe degli assessori del suo partito, che gli rinnovano la fiducia – e ci mancherebbe - fa discutere la Lega che parlando a due voci lascia qualche dubbio sulla soddisfazione o meno rispetto alla decisione assunta, mentre Alleanza Nazionale dice di non essere stata consultata.
Ci sorge un dubbio: ma in comune non fanno gruppo unico, quello del PdL? Sorvoliamo.
La motivazione di Farioli per avere in mano le dimissioni dei suoi si basa fondamentalmente su questo ragionamento. Il cambio degli assessori, iniziato in sordina con due di loro, per motivi personali e professionali, non è “un semplice rimpasto…significa che sono totalmente a disposizione della città, una prova di orgoglio, dignità e fiducia”. Dunque, proviamo a trarne delle indicazioni.
In primo luogo, il Sindaco parrebbe scegliere di rimanere tale, stando a quanto si legge, e rinunciare alla regione. Non è una novità, dice di avere “nel cuore” la decisione, per cui quando i cittadini leggeranno queste righe il cuore si sarà pronunciato.
Però: cuore o testa che sia, sta usando questa sua doppia collocazione come una sorta di strumento di ricatto. O mi fate fare quello che voglio senza troppi condizionamenti, oppure… Segno evidente che le tensioni all’interno della coalizione ci sono, e debbono essere pesanti. Forse ancora maggiori sono le sue difficoltà con il partito di maggioranza, vale a dire FI, quello a cui appartiene.
Che cosa poi voglia fare, e su cosa non sia supportato, ammettiamo di non averlo capito. Certo per insipienza nostra. Ci consola non essere gli unici, visto che molti cittadini la pensano come noi.
Però una prova di forza che si appoggia alla stampella di un piccolo ricatto politico, o qualcosa che vuole apparire tale, a noi sembra più che altro un segnale di debolezza. Della serie: voglio ma non posso, per cui o ci provo adesso o resto imbrigliato fino a fine legislatura.
In seconda battuta, quanto sta accadendo mette in evidenza altre difficoltà della politica. Una è quella del rapporto “primo cittadino” e partiti. L’abbiamo sperimentato nella precedente legislatura, in forma abnorme, lo ritroviamo in modalità diverse anche oggi. Ma certo non possiamo fingere che non ci sia un’analogia, che potrebbe valere in linea di principio per qualsiasi coalizione.
L’altra è la totale insignificanza degli accordi programmatici prima delle elezioni. Se avessero peso, capiremmo quali contenuti dividono, e chi, e perché. Non è così. Alla città mancano ancora le coordinate per scelte strategiche su partecipate, urbanistica, trasporti. E’ necessario sapere se l’idea di una convergenza sanitaria con Gallarate è stata abbandonata o meno. Sono questi o altri i problemi che dividono?
Certo ci sono momenti in cui è necessario un lavoro di riorganizzazione e razionalizzazione, anche per errori e inefficienze di chi è arrivato prima, ma la legislatura è una, e al più può essercene un'altra, che noi certo non ci auguriamo.
Per la prima, i tempi stringono. La partita si giocherà in casa della maggioranza: loro decideranno le squadre, gli arbitri, i guardalinee, gli speaker. Anche il risultato? Ovviamente, ma quello in camera caritatis, come si dice.
Ci viene chiesto di non disturbare il seminatore di entusiasmo (Farioli).
Ci mancherebbe! Non che al momento se ne veda molto in giro, ma speriamo che la semina porti al raccolto. O il declino sarà molto meno entusiasmante, e la città chiederà il conto.

domenica 20 luglio 2008

MAGNACCIA E ...ECCOMI Colonia Elioterapica da tutelare e salvaguardare




Questo fine settimana, e per altri due consecutivi, il Partito Democratico organizza per la prima volta presso la colonia Elioterapica una propria festa popolare, come nelle migliori tradizioni. Le feste del PD ricevono in eredità il più grande patrimonio di feste del nostro paese. Momenti conviviali dove ci si ritrova, si cena e si ascolta musica, si discute di politica e degli argomenti più vari. Momenti importanti, per noi come per chiunque ne promuova di simili.
Per prima cosa, consentono un contatto diretto e concreto con le persone. Persone normali e delle più svariate appartenenze politiche, o senza appartenenza alcuna, semplicemente disposte a ritrovarsi insieme per qualche ora in un luogo dove è permesso incontrarsi e divertirsi alla buona, senza formalità. E, soprattutto, mobilitano l’attività di decine di volontari che mettono con generosità a disposizione della festa il proprio tempo e le proprie capacità, in un lavoro impegnativo – e chi non lo ha provato non riesce neppure a immaginare quanto! – libero e gratuito.
Noi riteniamo che chiunque riesca a fare qualcosa di concreto, a ricreare contesti aggregativi dove ci si vede faccia a faccia, si sta assieme, dimentichi per un po’ delle nuove forme tecnologiche di confronto o di quelle mediatiche più tradizionali, fa qualcosa di utile per la propria collettività. La cosiddetta società “liquida”, come ormai la nostra viene definita adottando un termine di nuovo conio, ormai entrato nell’uso corrente, ha bisogno più che mai di “solidità”, di rapporti e relazioni, per riappropriarsi con consapevolezza della propria identità.
Prima di noi alla Colonia c’è stata la festa di Comunità Giovanile, poi sarà la volta di quella dell’Auser. Sarebbe davvero straordinario se l’amministrazione pensasse a risistemare quella struttura, che oggi è l’unico spazio in città destinato a questo genere di iniziative, in modo tale da valorizzarla al meglio. Rendere funzionale la cucina ridarebbe agibilità al complesso tutto l’anno, per chiunque ne facesse richiesta. Un intervento economico che verrebbe ripagato in pochissimo tempo dal canone chiesto per l’utilizzo, ed eviterebbe l’avanzare del degrado che già ora è sotto gli occhi di tutti.
Sarà un impegno che consiglieri comunali di diversa appartenenza politica potranno assumersi fin da subito, se ci credono, alla ripresa dei lavori nel mese di settembre.
Se potessimo esprimere un desiderio, sarebbe questo: vedere le feste cittadine come momenti di dibattito anche dei problemi di casa nostra, con un confronto attivo tra le diverse forze politiche, i gruppi e le associazioni, come già avviene spesso a livello nazionale. La guarderemmo come una risposta altra, rispetto a forme e modi dell’agire politico che fanno della chiusura in sé stessi, dell’invettiva e dell’esclusione la cifra della propria individuazione e appartenenza, partito o movimento che sia.
Quanto accaduto nella manifestazione di Piazza Navona dell’otto luglio, in cui l’insulto e l’offesa personale – Presidente della Repubblica e Santo Padre compresi - hanno VOLUTAMENTE e CONSAPEVOLMENTE messo in ombra persone serie e argomenti fondati, è il segno di un conflitto politico che sta degradando ogni giorno che passa.
Da una parte un premier che invece dei problemi del paese è completamente preso da leggi che lo riguardano in prima persona, come il Lodo Alfano, da cui alla fine ha ottenuto al più il beneficio di una sospensione che lo pone nella condizione di capo di governo in attesa di processo per corruzione, condizione gravemente dannosa per l'immagine del paese.
Dall’altra minoranze che, con oltraggi e volgarità, allontanano la maggioranza dei cittadini dalla vita pubblica. Gridando contro tutto e contro tutti, livellando persone e responsabilità, il risultato che ottengono è quello di impedire la comprensione dei problemi, e la proposta di soluzioni praticabili. Viene da pensare, nostro malgrado, se non sia questo il vero fine di alcuni fra loro.
Purtroppo l’impolitica militante attecchisce dappertutto, anche a livello locale. Sono segnali preoccupanti. Vogliamo rilevarli, perché temiamo di doverne riparlare ancora. Ecco come mai è necessario riprendere un dialogo costruttivo, a partire dal basso, a partire da noi, in ogni momento della vita pubblica. Il “non ti curar di loro, ma guarda e passa” in politica non lo puoi fare; non lo devi fare.
Veltroni ha detto una cosa vera:” Si va sicuramente sui giornali dicendo 'sei un magnaccia', ma non è così che si conquista il consenso". Forse anche i giornali, e i media in generale, dovrebbero riflettere: sul loro ruolo e la loro funzione in questo contesto politico e sociale. Ringraziamo il nostro direttore, che non consentirebbe mai ad alcuno di noi di esprimersi in questo modo. Di certo direbbe subito: “ECCOMI”, e qualche orecchia fischierebbe di brutto. Meno male.

OCCHIO ALLA VISTA Nella Liusta manca Busto Arsizio, la nostra città


Anche le principesse portano gli occhiali! “Quando avevo cinque anni, ho scoperto di aver bisogno degli occhiali. Ne acquistammo un paio azzurri, in tinta con il colore dei miei occhi. Ma la cattiveria di alcuni bambini mi convinse presto che con quegli “affari” sugli occhi apparivo brutta, e così non volli più metterli. Con grande pazienza, la mamma mi ha fatto comprendere quanto erano importanti quei due cerchietti di vetro, e che solo indossandoli con cura ne avrei tratto beneficio. Chi mi voleva bene veramente, non avrebbe fatto caso al mio aspetto esteriore. E’ nata così l’idea di questo racconto, che mi auguro possa essere utile a tutti i bambini che per la prima volta devono indossare gli occhiali, e temono di essere chiamati “quattr’occhi”. Portateli senza vergogna. In fin dei conti, anche principi e principesse li indossano”.
Questo è l’incipit della fiaba che una bimba di dieci anni, Elisa Raimondi, nata a Busto Arsizio e residente a Olgiate Olona, ha pubblicato poco più di un anno fa. Toccata personalmente da un problema privato, la piccola ha saputo trasporlo in forma artistica, animata dal raro dono dell’immaginazione che sa farsi parola, e rendere un servizio utile a tanti altri bambini.
Abbiamo voluto parlarne per motivare una mozione che abbiamo proposto alla discussione della Commissione Sanità, e portata a conoscenza di quella dei Servizi Sociali.
La piccola Elisa, autrice del libro, è affetta da ambliopia, non diagnosticata precocemente. L’ambliopia – il cosiddetto “occhio pigro” -è un difetto grave della vista che, se non curato entro i 4 o 5 anni, porta alla sostanziale cecità permanente di un occhio.
Quanto più il bambino è piccolo, tanto più il recupero è facile. Più si va avanti, più diventa difficile, fino a portare alla cecità dell’occhio meno sviluppato.
Il problema spesso non viene riconosciuto dai genitori perché la patologia è asintomatica e colpisce un occhio solo, mentre l’altro lavora per entrambi. Se si pensa che 3 bambini su 100 sono ambliopi, è chiara la portata del problema: se in Italia nascono 554.966 bambini ( dati Istat 2006) 16.648 di questi potranno avere un problema serio.
Poniamo attenzione al fatto che per gli adulti usare gli occhiali vuol dire in molti casi vedere bene, per i bambini usare gli occhiali in alcuni casi vuol dire sviluppare la vista. Ciò significa che in alcuni bambini se non vengono prescritti occhiali al momento opportuno, la vista non si sviluppa e si stabilizza ad un valore molto basso, non più modificabile nemmeno con gli occhiali.
Nel 2007 il Comune di Olgiate Olona, in collaborazione con Commissione Difesa Vista e Lions Club Gorla Valle Olona, ha promosso un’iniziativa per sensibilizzare la cittadinanza sul problema dell’ambliopia. L’attenzione alla tematica del controllo precoce della vista è stata condivisa dal comune di Gorla Maggiore, e nel 2008 le amministrazioni hanno organizzato per i nati dal 1 giugno 2006 al 30 giugno 2007 un programma straordinario di controllo precoce della vista del tutto gratuito. Allo screening, eseguito con l’autorefrattometro binoculare, ha aderito l’88% della popolazione, e le statistiche sono state confermate (purtroppo): il 5% dei bambini esaminati ha presentato problemi visivi di una certa gravità. Fortunatamente la diagnosi precoce consente di risolverli.
L’esame è stato effettuato e valutato dal dott. Roberto Magni, oculista che da anni svolge la sua pratica nell’ambito dell’Oftalmologia Pediatrica, con un impegno personale del tutto volontario e gratuito.
L’esperienza ha portato alla stampa e diffusione di un utile opuscolo “Occhio alla vista”, di cui è autore lo stesso dottor Magni. Oggi viene distribuito in tutti gli ambulatori pediatrici della Valle Olona – Cairate, Fagnano Olona, Gorla Maggiore, Gorla Minore, Solbiate Olona, Marnate , Olgiate Olona, Castellanza - e i risultati sono davvero ottimi, così come l’attenzione e l’accoglimento favorevole dell’iniziativa da parte dei cittadini. Vedete da soli che nella lista manca la nostra città.
Noi pensiamo rientri tra i compiti istituzionali di un Ente, quale il comune, promuovere una più approfondita conoscenza delle problematiche connesse al benessere psicofisico dell’individuo. La vista è il più importante organo di senso, e la salute dei nostri bambini la priorità fra le priorità. Chiediamo che Busto Arsizio aderisca, nelle forme che si riterranno idonee, alla campagna di sensibilizzazione e di prevenzione dei difetti di vista in età pediatrica, coordinandosi con le attività in corso nei comuni circostanti.
“Anche tu, caro lettore, impara a guardare con gli occhi del cuore.
Ricorda la lezione delle fate.
Vedrai cose nuove, inaspettate”
Elisa Raimondi

SIAMO UNA CITTA' "LEADER" Ma in tema di inerzia

In questi giorni abbiamo assistito al piccolo scontro mediatico fra alcuni giovani di “Reclaim The Street” e Azione Giovani. Dopo la mancata autorizzazione del Comune alla manifestazione di Reclaim, priva della documentazione per la somministrazioni di alimenti e bevande, è seguito il picchetto di un gruppetto di persone davanti al comune. La protesta veniva commentata da un acceso comunicato di Azione Giovani, del tipo: tanto rumore per nulla, bastava seguire le regole!
Da questa scaramuccia fra organizzazioni di ragazzi, nasce lo spunto per una riflessione sulla situazione giovanile e le istituzioni cittadine.
La prima cosa che sorprende è la deriva presa dal vivace battibecco. Il problema oggettivo riguardava le regole da rispettare nella prassi normale delle richieste. Certo un po’ farraginose, ma valgono per tutti, e tutti si cerca di rispettarle. I commenti apparsi poi sulla stampa hanno invece preso un taglio tipicamente “di parte”. Uno di questi, a firma di “Reclaim the street”, dice testualmente: ” Siamo in grado di dire cose molte intelligenti. Siamo in grado di costruire e vogliamo costruire ma a nostro modo. Della legalità e della disciplina tanto decantate a noi non importa nulla. Il fascismo e le destre conservatrici difendano queste prassi, difendano queste ideologie noi facciamo altro, difendiamo il nostro modo di vivere e rivendichiamo un modo diverso di fare iniziativa politica, assolutamente in autonomia da partiti ed istituzioni.”
Lo riportiamo in quanto rappresentativo della piega assunta dal diverbio. Fascismo, antifascismo, destra, sinistra, legalità sì legalità no, chi fa cosa, chi non fa, perché lo si fa e chi è più bravo dell’altro. Per fortuna i commenti erano on line, e quasi certamente i cittadini di Busto non se ne sono neanche accorti. Però a chi come noi era attento, è parso fuori luogo e fuori tempo un dibattito che ha assunto i toni dello scontro ideologico. Perché accade? Perché, pur da posizioni diverse, non si riesce ancora a discutere senza dividersi secondo parametri che per giovani e giovanissimi possono rappresentare certo un momento di riflessione storica, e avere un riflesso nelle relazioni politiche, ma oggi non tali da impedire un dialogo costruttivo?
Però…che fanno i “grandi” (in senso anagrafico), soprattutto chi ha responsabilità amministrative?
E’ passato più di un anno dalla creazione della Fondazione Blini, avvenuta il 19 Aprile scorso da parte della Provincia. Un ente destinato a soddisfare una serie di attività culturali e di intrattenimento legate al campo delle arti figurative, dello spettacolo e della musica per favorire lo sviluppo dei giovani sul piano culturale e sociale. Istituzione preceduta, accompagnata e seguita da innumerevoli polemiche: chi ne contestava le modalità di costituzione, chi il tipo di Fondazione, chi l’intitolazione a Giovanni Blini. Legittimamente, è chiaro. E certo un iter migliore si poteva seguire.
Quello che, a nostro avviso, non si doveva fare, era tirarsene fuori, alimentando uno scontro fra “noi” e “voi” che in apparenza avrebbe contrapposto i più giovani, ma forse trovava giustificazione più che altro nelle genesi politiche degli adulti.
Il Comune di Busto Arsizio sarà cofondatore della Fondazione, chiamato a valutarne lo Statuto esistente, per verificarne l’adeguatezza e la rispondenza ai propri orientamenti. A più di un anno di distanza, tutto è fermo. Ogni tanto qualche nota polemica si risente, segno che la brace cova sotto la cenere e aspetta il momento opportuno per divampare.
Perché non si muove nulla? Perché chi governa la città non ha utilizzato il tempo a disposizione per discutere, sviluppare un progetto, coinvolgere i ragazzi? L’unico protagonista della vicenda è stato Reguzzoni. Sindaco e giunta sono andati a ruota, offrendo l’impressione di non sapere veramente nemmeno dove andare.
Ad oggi, abbiamo fatto una sola commissione sullo statuto, con nessun risultato.
Da oltre un anno c’è in campo una mozione del PD, che chiede di attivare un contributo dei centri di ricerca, esperti nelle discipline manageriali applicate alla gestione delle agenzie culturali. Aspetta ancora di essere discussa. Eppure propone un metodo diffuso e consolidato. Come ha fatto la Fondazione “1860-Gallarate Città”, di cui anche la Provincia di Varese è uno dei soci fondatori, servendosi della LIUC. Perché Busto no? Dobbiamo sempre arrivare in ritardo, poveri di idee, lenti nel fare, prestando il fianco allo scontro frontale. Che senso hanno un Consiglio di Amministrazione, un Direttore e un Comitato Scientifico “ibernati” fino a quando non saranno pronti i locali dell’attuale sede del Liceo Artistico? Sarebbero in grado di trovarsi, lavorare da subito, coinvolgere energie.Potremmo fare mille cose, e non le facciamo. Siamo una città leader, ama dire il nostro sindaco. In quanto a inerzia, lo siamo davvero. I migliori.

domenica 6 luglio 2008

ATTACCO AL GIORNALE Distinguere la chiacchiera dall'informazione corretta

Il dibattito sull’identità, per noi del PD, è allo stato attuale un percorso indispensabile. E’ un partito nuovo e plurale attraversato da indirizzi culturali differenti, provenienze e percorsi diversi, sia politici che sociali. Inevitabile, nella fase che Alberoni definirebbe “aurorale”, promuovere un confronto denso e continuo a tutti i livelli. Grazie a Dio, o meglio a qualche più o meno generoso e interessato lettore dell’Informazione, a Busto potremmo risparmiarci la fatica. Abbiamo letto che ci viene data una collocazione d’ufficio. Tutti gli opinionisti, indipendentemente dal partito a cui fanno riferimento, sono parte della “Casta”. Il riferimento è al titolo dell’ottimo libro di Stella e Rizzo, il cui tema era la denuncia degli assurdi sprechi della politica, e di chi vive delle rendite indebite che questa può dare. Denunce sacrosante, a cui purtroppo ancora non stanno seguendo le adeguate correzioni.
Il fatto che probabilmente la maggior parte, se non tutti, degli opinionisti di questo giornale facciano politica volontaria, vale a dire con fatica, togliendo tempo alla famiglia e vivendo del proprio lavoro, non tocca l’onesto lettore. Che onesto dev’essere davvero, data la confusa argomentazione e l’attacco al giornale che lo ospita da sempre.
Riprendiamo questo episodio per mettere in evidenza quanto oggi, nel mondo della comunicazione per eccellenza, sia estremamente difficile per chiunque distinguere la chiacchiera dall’informazione corretta, e l’informazione dalla conoscenza. Se ognuno di coloro che hanno la possibilità di condividere con i cittadini un proprio punto di vista - giusto o sbagliato che sia - non acquisisce il senso di serietà e la coscienza che sono indispensabili, si entra in una fase pericolosa.
Tuttavia, serietà e coscienza si fondano su due presupposti fondamentali.
La sincerità nell’esporre le proprie e altrui opinioni politiche, anche quando non coincidenti, anche se non condivisibili. E il consapevole rifiuto della denigrazione e dell’offesa, più o meno mascherate. Se questi presupposti mancano, la selezione critica e consapevole che il lettore dovrebbe esercitare diventa estremamente difficile. Si dà anche un problema di dignità personale. Vedi quanto riportato dall’opinionista Corrado in merito alle affermazioni del Consigliere D’Adda, che il verbale del Comune ha rigorosamente smentito. Le bugie hanno le gambe corte, e il pensiero debole. Ma chi utilizza questo sistema non lo fa a caso. C’è metodo dietro tutto questo: butta tutto nel calderone, menti, stravolgi la verità. Per ristabilirla ci vorrà tempo, e tu avrai ottenuto… una preferenza in più? Due o tre?
Fossero cento, fossero mille, c’è chi a condotte simili non si piegherà in nessun caso: integrità morale e politica non possono essere disgiunte.
Intanto digeriamo tutto nel frullatore dell’informazione nazionale e locale: l’Italia ha passato il turno, altre centoquaranta persone fra morti e dispersi nel canale di Sicilia, nessuno si occupa di Jolanda Occhipinti e Giuliano Paganini, rapiti mesi fa in Somalia insieme a Abdirahaman Yussuf Harale, due cooperanti italiani e il loro collaboratore somalo che, non appartenendo a nessun movimento politico, non hanno interessato chicchessia.
Nemmeno i cantori dell’antipolitica.
Le strade cittadine sono un bollettino di guerra, perdiamo tempo accumulando “non scelte”, abbiamo commissioni consiliari semi-deserte da parte della maggioranza, consigli comunali che risentono dello stallo, non un’idea di città su cui discutere.
Quello che ora sappiamo della nostra Busto è che somiglia a una barca da regata prima della gara decisiva. E non è messa bene. Lo skipper non sa se resta o se va, non ha deciso o forse non glielo hanno ancora comunicato. Annunciato il cambiamento di parte dell’equipaggio da mesi, ne dobbiamo aspettare altri, di mesi, per sapere chi va e chi resta. Si deciderà in agosto. Ma il soggetto chi è? “Chi” decide? Il collante di tutto questo è sempre il potere, che logorerà chi non ce l’ha, ma anche chi ce l’ha in via derivata.
In compenso, c’è un nuovo nato nello schieramento politico bustese.
Nella riunione di commissione del 16 giugno, si è discusso per la seconda volta una mozione del PD che chiede verifiche e modifiche della Legge Regionale che aumenta gli affitti delle case popolari. Per due volte abbiamo avuto la possibilità di audizioni: dei sindacati e dei vertici Aler. Un impegno che ha richiesto lavoro, con proposte che potevano e possono essere integrate. Il bene della città viene prima di ogni altra cosa.
E invece? Invece no. Da qualche esponente del partito di maggioranza relativa, alleato con qualche esponente dell’opposizione “dura”! sono venute accuse di demagogia e fumosità. Ma proposte, nessuna.
E’ NATO IL PARTITO DEL “BENALTRISMO”. Ci vuol ben altro, ci dicono, per problemi come questi! Capito perché loro non propongono nulla? Che ingenui, c’era proprio sfuggito.

giovedì 3 luglio 2008

domenica 22 giugno 2008

IL COMMENTO del Direttore Marcora, che pubblico con stima.

Grazie per il commento.
Grazie per il dissenso. Scopo di ECCOMI! è promuovere il dialogo. Così si fa!
Mi aspetto altri contributi.
So di non essere un buon cristiano.
Entrando in una moschea, a Istanbul, ho fatto il segno dela croce, come fosse un saluto.
Non mi hanno fatto entrare. Ho chiesto scusa, non volevo offendere la suscettibilità del "guardiano", ma nella moschea non ho potuto entrare.
Mia madre da piccolo, mi diceva "poni l'altra guancia", poi però ammoniva "... e ricordati che te ne ho fatte due".
Cordialità. Per le prossime poesie ...aspettiamo.

PARTECIPAZIONE NATURALE Il gusto per le piccole e grandi cose della vita

Sono trascorse poche settimane da una serata piacevole alla Famiglia Bustocca. Si presentava il bel volume di poesie “Eccomi” del nostro direttore, Gianluigi Marcora. Una lettura accompagnata dalle note discrete di una chitarra, alternata dalle canzoni e dalla melodia di una voce straordinaria, quella di Walter Fazio. Piacevole, in particolare, per coloro che come noi scelgono di dedicare alla politica volontaria una parte della propria vita. Per una sera esci dalla consuetudine delle riunioni, degli incontri, dell’approfondimento dei temi che devi affrontare ogni giorno. Sottraendo tempo al lavoro e alla famiglia. Ma soprattutto per una sera ritrovi il gusto per le piccole e grandi cose che riempiono la vita e sono parte del suo senso, e che “ti” sottrai perché una scelta importante fatalmente ne limita altre.
In quell’ambito, una riflessione spontanea, immediata, è sorta quasi da sola: in un momento storico caratterizzato da mutamenti e discontinuità, che producono inevitabilmente il senso di dissoluzione dell’identità, di perdita del radicamento, l’incontro tra persone che sono parte di una stessa comunità è uno straordinario, piccolo gioiello, nella sua semplicità.
Il radicamento è uno dei bisogni più importanti e più misconosciuti dell’animo umano. E’ anche tra i più difficili da definire. Mediante la sua partecipazione reale, attiva e naturale alll’esistenza di una collettività che conservi vivi certi tesori del passato, e certi intendimenti per il futuro, l’essere umano ha una radice. Partecipazione naturale, cioè data quasi automaticamente dal luogo, dalla nascita, dalla professione, dall’ambiente. Dalla religione.
Ad ogni essere umano occorrono radici multiple. Ha bisogno di ricevere quasi tutta la sua vita morale, intellettuale, spirituale, tramite gli ambienti cui appartiene naturalmente.
Questa percezione aleggiava quella sera, molto di questo ci consegnavano quelle poesie. L’incanto non è finito, ma è continuato nella lettura personale del libro. Fino a quando si è interrotto. Bruscamente. La dolcezza delle parole si è fatta fiele, l’apertura del cuore paura, la poesia divisione dell’uomo dall’uomo.
L’Anima degli altri, è lo scoglio in cui siamo incappati. Si parla della nostra religione e dell’Islam. Si parla di poli contendenti. “Noi possiamo andare nell’Islam a edificare chiese? Possiamo mettere una statua, un’immagine di Cristo in una moschea? E pregare davanti a un simbolo cristiano?…Non possiamo. Anche i seguaci dell’Islam, in casa nostra, devono poter dire “non possiamo” senza pretendere nulla; nemmeno la considerazione di chi, per troppo bene o per ignoranza, è disposto a vendere la tradizione e la vita stessa dell’anima: sua e degli altri”.
Siamo andati a riprenderci il bel libro di Joseph Ratzinger: Gesù di Nazareth. Abbiamo riletto il paragrafo sulla parabola del buon Samaritano, ed è tornata la calma del cuore e della ragione.
Nostro Signore insegna:“ Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso.”(Lc 10,27).
Non c’è l’aggiunta: a patto che il tuo prossimo ti ami a sua volta allo stesso modo, e a seconda del tempo in cui vivi e del luogo che abiti. Papa Ratzinger a pag. 234 spiega ancora: “Pertanto qui la domanda è mutata: non si tratta più di stabilire chi tra gli altri sia il mio prossimo o chi non lo sia. Si tratta di me stesso. Io devo diventare il prossimo, così l’altro conta per me come ”. Non si può riportare lo splendore di quel capitolo, bisogna leggerlo, meditarlo, introiettarlo. E viverlo, ogni giorno, a qualsiasi costo e per quanta fatica ci costi.
Nel nostro piccolo, noi pensiamo che gli scambi di influenze fra ambienti molto diversi fra loro siano altrettanto indispensabili quanto il radicamento nell’ambito naturale. Un determinato ambiente dev’essere influenzato dall’esterno non tanto, o non solo, per esserne arricchito. Piuttosto per essere stimolato a rendere più intensa la propria vita e la propria identità.
Nel rispetto delle regole e dei doveri dello Stato, da parte di ciascuno.
La tradizione è importate. Definisce una comunità. Ma non le possiamo sacrificare la verità e la via insegnate dalla nostra religione, nostra per fede o appartenenza culturale.
Sarebbe un’eresia. Questo sarebbe vendere la vita stessa dell’anima. Non solo nostra, ma di tutti i piccoli uomini di domani, ai quali dobbiamo consegnare un mondo migliore dove vivere.
“Dobbiamo, a partire dal nostro intimo, imparare di nuovo il rischio della bontà”(Ratzinger, pag. 236,idem).
Quale arma straordinaria, allora, la poesia!Quella già scritta riflette un momento particolare. Ne ha un’altra da scrivere, direttore. L’aspettiamo

VERITA' E FORMA!

Su mia precisa richiesta, L'INFORMAZIONE ha pubblicato il verbale del mio intervento in consiglio comunale nei tre minuti concessi ad ogni gruppo, in merito al risultato del Referendum.
Il verbale, non ancora sistemato formalmente dopo la sbobinatura, è tuttavia chiaro e dimostra quale
vergognosa figura di bugiardo sia il "signor" Antonello Corrado, Conte di Afragola!

Consigliere D’Adda Erica (L’ Ulivo – Partito Democratico)
Grazie, vorrei innanzitutto esprimere la mia solidarietà all’intervento del Consigliere Salomi per quanto riguarda il Tibet, poi dal Tibet alla Pro Patria, insomma, siamo andati forse un po’ oltre.Due secondi soltanto, volevo prendere la parola per esprimere la mia piena solidarietà a quei circa credo cinquantasettemila cittadini che domenica non sono andati a votare, forse sono saggi e non così sciocchi o disinformati come si cerca di fare passare, quindi spero che l’Amministrazione tenga presente anche loro. E vorrei dire soprattutto, io ritengo che il referendum sia un atto assolutamente democratico e la democrazia costa, quindi non sono certo una che si schiera contro questi aspetti del referendum, però ai referendari vorrei poter dire dopo tanti mesi di polemiche inutili ed anche strumentali, che sarebbe saggezza anche
saper perdere, e perdere con stile. Grazie

FATTI E BUGIE Lettera al Direttore dell'Informazione

Egregio Direttore,

nell’ultimo numero pubblicato ho letto con sconcerto e umana pietà che un collega opinionista , Antonello Corrado, ricorre alla pura menzogna per attaccare la mia persona, e con me, credo, il partito che rappresento.
Argomentando sul Referendum del 25 Maggio, ad un certo punto parla di critiche mosse ai cittadini che hanno votato.
Cito testualmente: ” Tanto per fare uno degli esempi possibili, la Consigliera D’Adda, del Partito Democratico, durante l’ultima seduta del Consiglio Comunale, con un giro di parole, ha sostanzialmente dato dei “tonti” ai concittadini che hanno votato: questa non è etica politica!”.
Il signore utilizza la locuzione “giro di parole”, credendosi così sufficientemente furbo da poter raggirare una eventuale smentita.
Si rassicuri. Non solo la smentita c’è, avendo la Consigliera D’Adda espresso il concetto esattamente contrario, vale a dire che i cittadini rimasti a cosa, il 92% dei bustocchi, non poteva certo essere considerato “stupido”.
Ma, trattandosi del Consiglio Comunale, esiste la verbalizzazione di quanto viene detto, e questo consente di mettere a confronto non due punti di vista, ma un fatto e una bugia.
Per cui è altrettanto possibile adire per via legale e ristabilire la verità.
Se una smentita ufficiale non vi sarà, questa è l’unica strada che ritengo percorribile.
Non credo che questo possa mutare il carattere di chi al confronto politico sostituisce la denigrazione personale.
Potrà servire ai cittadini sapere che la propria dignità non si baratta, e si è disposti a lottare per affermarla.

Erica D’Adda

POLITICA A BUSTO! Cos'ha pensato Farioli mentre parlava la Marcegaglia all'UNIVA?

13, 27, 10 Maggio. Non è la declamazione di un rosario, ma le date degli ultimi Consigli Comunali. Hanno tutti in comune una caratteristica sconfortante: mancano gli atti deliberativi. Vale a dire quei provvedimenti che caratterizzano l’operato della giunta, promuovono discussione e sana contrapposizione fra le forze politiche, sono anticipatrici di azioni concrete sul territorio. Tre consigli che si reggono sulle interrogazioni e le mozioni dei consiglieri, quasi sempre d’opposizione. Consigli senza neppure le prolisse e roboanti dichiarazioni del Sindaco, che hanno caratterizzato le prime assise. Probabilmente c’è poco da dire, per chi alla fine non riempie di contenuti quello che promette.
Chissà cos’ha pensato il nostro Sindaco, sentendo il Presidente Marcegaglia nell’assemblea generale tenutasi il 26 maggio, quando ha parlato della mancata crescita, del non decidere come “un progressivo accumularsi di compromessi , scelte non fatte, volontà di non scontentare nessuno, responsabilità non assunte fino in fondo, incapacità di programmare”. Non sappiamo se a lui è venuto in mente qualcosa, ma a noi sì: l’attuale situazione politica di Busto Arsizio. Una città che appare immobilizzata, priva di un centro direzionale, della necessaria pianificazione. Toccata dal bacio della regina delle nevi, se in area pedemontana non suonasse ridicolo.
Decisionismo, porta il titolo un editoriale del nostro direttore. Non è un termine granché bello. Dal dizionario, nella sua accezione politica:”Pratica di governo caratterizzata dalla tendenza a prendere decisioni senza consultare gli organi rappresentativi competenti o comunque tenendone scarsissimo conto”. Detta così, credo non fosse nell’idea di chi l’ha utilizzata. Decisione, piuttosto, come chiarezza di obiettivi, disponibilità al confronto, messa in opera. RESPONSABILITA’. Questo è il ruolo che chi governa deve esercitare.
Chi è all’opposizione ha l’obbligo di una risposta chiara, una volta per tutte, a una richiesta di spiegazione che lo è altrettanto.
Il PD non ha la guerra nel suo DNA. Non ha nemici, solo avversari politici. Questo è patrimonio del suo agire politico, che il partito a Busto non ha concordato, non intende concordare, non concorderà con chicchessia. Questa è la linea del PD e dei suoi organismi dirigenti. A nessuno è consentito un comportamento differente.
La lista della spesa dei problemi da noi sollevati, non tenuti in seria considerazione dalla maggioranza quando non addirittura bocciati, è lunga. Altre volte abbiamo dimostrato su diverse questioni spirito costruttivo e collaborativo, consapevoli che a richiederlo era il bene della città, non quello della maggioranza o dell’opposizione. I temi sul tappeto che secondo noi vanno sviscerati e discussi li abbiamo posti, e spesso. Il problema è altro: qualcuno viene anche trattato, raccomandazioni e mozioni hanno raccolto un consenso bipartisan. E poi? E poi nulla. Tutto resta uguale a prima.
Oggi è tempo di bilancio. Per noi, per la città. Non abbiamo timore a dire che sono stati ereditati problemi complessi. Uno per tutti: l’indagine della corte dei conti, la macchina comunale in stand by.
Ma un problema non può trasformarsi in alibi per l’inattività, per l’assenza di cambiamento, per l’isolamento. Per anni le precedenti maggioranze sono state accusate di “volersi” isolare, di pensarsi autosufficienti, di non coltivare rapporti con il territorio circostante. Vero o falso, non è questo il punto. Oggi la sensazione è che siamo isolati perché ininfluenti; che il territorio circostante non abbia poi tutta quella voglia di dialogare con noi, visto che può organizzarsi da sé e rapportarsi positivamente a realtà vicine.
Altre opposizioni, non tutte, in sede istituzionale scelgono, legittimamente, modalità diverse di comportamento personale nei confronti di chi non la pensa allo stesso modo. Per quanto poi attiene alle coordinate politiche, con alcuni sono in parte divergenti, avendo fatto una campagna elettorale contrapposta. Con coloro i quali hanno condiviso con noi candidato sindaco e programma politico, non vi sono state da subito le condizioni per un percorso condivisibile, per quanto difficile. Perché, probabilmente, il legame politico era sbagliato fin dall’inizio nell’impostazione e nel merito, come proprio quelli che più credevano nella coalizione si sono ben presto resi conto. Non è un caso che alla fine, anche a livello provinciale e nazionale,le strade si siano divise. In questo forse Busto è stata purtroppo precorritrice dei tempi.
Bob Kennedy, di cui ricorre il quarantesimo dell’assassinio, disse:” Un governo si può fare con chiunque, o quasi, una politica no.” Kennedy voleva restituire il carattere di comunità a una entità atomizzata e disgregata: può essere una politica su cui lavorare anche oggi e qui.Speriamo che la spiegazione sia chiara, se no la colpa è solo di chi ha provato a spiegare.

lunedì 9 giugno 2008

sabato 7 giugno 2008

I...vinti! Se i citttadini, non ti seguono,non ti votano,non sono sciocchi

Questa volta voglio utilizzare lo spazio concessomi per “sparigliare le carte”, come si suole dire. Nell’ intervento di settimana scorsa, parlando del livello della politica nella nostra città, avevo scritto:” Quando i lettori leggeranno queste righe, sapremo i risultato del Referendum sul silos di Piazza Vittorio Emanuele. Saremo in piena zuffa e confusione, perché, statene certi, comunque vada ci saranno solo vincitori e nessun perdente. Saranno scontenti tutti e di nuovo gli uni contro gli altri armati.” Non che occorressero particolari doti profetiche per capirlo, ma la conferma che i commenti prima, e il consiglio comunale di Martedì 27 poi hanno dato di quelle affermazioni, getta nello sconforto.
Partiamo dai risultati: il numero totale degli aventi diritto era di poco più di 60.000 cittadini, con un quorum del 33%. Hanno votato per il referendum in 5.695, pari all’8,69. I “sì” sono stati 662, i “no” 5.019. La stampa ha parlato ovviamente di flop, di sconfitta dalle proporzioni inattese, qualche giornalista brillante ha messo in evidenza che se tremila firme furono raccolte a suo tempo per promuovere questo referendum, probabilmente nemmeno i familiari sono stati convinti a partecipare, per non parlare di amici e conoscenti!
Eminenti cittadini sono intervenuti a favore del voto, soprattutto a favore del “no”. La maggioranza, diciamocelo, sembrava in stato confusionale: qualcuno invitava a votare sì, qualcuno a votare no... Fatta la dovuta eccezione per il collega Lattuada con Azione Giovani, che hanno preso una posizione decisa per l’astensione con argomentazioni chiare.
Così come per quanto ci riguarda, la posizione ufficiale del Partito Democratico è stata ben definita e senza timori: “Non partecipiamo al voto: maggioranza inefficiente, referendum strumentale”.
Visto com’è andata, le parole che a referendum avvenuto riassumevano obiettivamente e senza troppe tortuosità la situazione in essere le abbiamo lette da Azione Giovani: “ Le regole del gioco erano chiare sin dall'inizio: c'è un quorum da superare e ci sono tre opzioni di voto favorevole, contrario e l'astensione. Secondo qualcuno c'è chi ha perso e chi ha vinto secondo noi c'è un solo vincitore: Busto Arsizio”. D’accordissimo.
Invece no. In consiglio abbiamo sentito i fautori del referendum – Audio Porfidio, Tosi Marta, Corrado Antonello - “brandire” in vario modo i 5019 votanti “no” quasi avessero acquisito una qualche presunta egemonia. Quelli rimasti a casa, secondo i nostri, o erano disinformati o, nel migliore dei casi, poco interessati alla democrazia.
Che poi abbiano democraticamente deciso di fare quello che ritenevano opportuno, saggiamente e consapevolmente, com’è giusto che sia, è un’dea che neppure sfiora gli sconfitti. E ripetiamo: i sonoramente sconfitti! Inoltre, che la responsabilità della disfatta non sia di chi ha esercitato secondo coscienza il proprio diritto all’astensione, che in un referendum vale quanto una dichiarazione di voto, non li tocca minimamente.
Qualcuno prima o poi dovrebbe, con tatto e gentilezza, spiegare loro che se i cittadini non ti seguono, non ti votano, non sono loro ad essere sciocchi; non sono nemmeno gli avversari ad essere in malafede: sei tu a non essere convincente. A non avere seguito!
Chi pensa in modo elevato non può che sbagliare in modo abissale, diceva un filosofo. Di converso, chi pensa in modo scorretto, non può che sbagliare in modo… grottesco
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Adesso è chiaro cosa abbiamo inteso con la frase iniziale,“sparigliare le carte”: non chiuderci nel recinto del “noi” e del “voi”, non pensare che non si possa condividere un giudizio su un problema della città con chi è politicamente lontano da noi, e invece andare alla sostanza dei fatti e dei comportamenti.
Questo è tanto più necessario perché in futuro la realizzazione del progetto deve prevedere ancora diversi passaggi in commissione, e almeno due in consiglio Comunale. Se ne devono valutare con attenzione alcuni aspetti, capire la loro attuazione. Su questo oggi un dibattito serio dovrebbe essere d’obbligo per forze politiche che sono chiamate ad esprimersi nelle sedi decisionali. Vorremmo tanto sperare che possa accadere, con l’ottimismo della volontà. Per Busto, se non altro.
Vorremmo, anche se il pessimismo della ragione ci dice altro.
Forse, come ha detto Giampiero Rossi, si è perso il gusto di fare politica perché non si è più capaci di fare politica. Nel senso di quella che i comunicatori chiamano: ”Truh well told”, Verità detta bene. Laddove verità sta per l’idea, il valore, la soluzione ai problemi magari con i suoi tempi di attuazione e le coperture finanziarie. E laddove detta bene sta per rifiuto di retorica e luoghi comuni, rifiuto delle scorciatoie e capacità di comunicazione innovativa.
Belle parole, ma che c’entrano con gran parte della classe dirigente d Busto?
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