martedì 15 aprile 2008

ATTO DI ACCUSA I lavoratori del nostro territorio di fronte a Malpensa

Il sistema paese è al punto di rottura. Cambiamo il sistema, se vogliamo salvare il paese. Scriviamo questo articolo in ore particolarmente critiche, dopo la rottura delle trattative tra Air France-Klm e i sindacati di Alitalia, rottura a cui sono seguite le dimissioni dell’amministratore delegato dell’azienda, Maurizio Prato. Azienda che ora rischia il fallimento. Non è un avvenimento che riguarda “soltanto” la maggiore compagnia nazionale. La speranza nella riapertura delle trattative è espressa tanto dai sindacati confederali di Malpensa e Milano, quanto dai lavoratori del nostro territorio, soprattutto quelli che vivono l’esperienza della cassa integrazione e paventano la messa a rischio degli accordi già siglati.
L’addio di Prato è prima di tutto un atto di accusa nei confronti del mondo politico e delle sue ingerenze, acuitesi in campagna elettorale. In un momento in cui fare sistema era un dovere, sono prevalsi gli interessi di partito. E’ prevalsa l’insostenibile inconsistenza della politica.
Leggiamo sul Corriere della Sera di giovedì 3 Aprile le parole di un politico locale, uno di quelli che contano e pensa di vincere le elezioni, tal Roberto Maroni. “ La Lega Nord fa il tifo affinché la trattativa con Air-France KLM fallisca. E per un solo motivo:il piano strategico dei francesi prevede che Malpensa chiuda.”. E subito dopo: “Non solo: Alitalia se ne può pure andare, la sostituiremo con altri vettori ”.
Ora, la logica impone regole di comprensione: se Malpensa ha le potenzialità per vivere senza Alitalia, perché fare il tifo per il fallimento della compagnia di bandiera? Che vivano entrambe la miglior vita possibile! Ma soprattutto: perché un politico che vorrebbe governare il paese – l’Italia, non la padania! - fa il tifo per il fallimento della compagnia nazionale? E questo proprio nei giorni in cui il suo padrone di coalizione lancia una cordata ectoplasma per comprarla. Quello stesso Silvio Berlusconi, che nei giorni scorsi ha ripetutamente intralciato la trattativa tra Alitalia ed Air France con annunci fantasiosi di cordate italiane inesistenti, poi derubricati ad “appelli patriottici”. Quello che nel 1994 era a capo del Governo che mise il primo grosso bastone nelle ruote del risanamento della nostra compagnia di bandiera, imponendole di accreditare al proprio interno il peggiore sindacalismo autonomo, il Sult. Ricordiamo: nel 2004 il Sult è il solo sindacato a rifiutare il piano di riassetto industriale di Alitalia, e nel febbraio 2005 è il solo a rifiutare di sottoscrivere un nuovo accordo aziendale, volto a salvare 900 posti di lavoro mediante un contributo di solidarietà di tutti gli assistenti di volo. Intantoche i conti peggiorano, la conflittualità aumenta. Sono Berlusconi presidente del consiglio e Maroni ministro del lavoro, nel 2005, nel governo che al piano di risanamento dette il colpo di grazia e non mosse neppure un passo sulla via della privatizzazione.
Nei due anni della legislatura successiva, lo stesso Berlusconi – in veste di grande imprenditore privato – non mostra alcun interesse nei confronti della gara internazionale aperta a questo scopo dal Governo Prodi. E si capisce: neanche lui può improvvisarsi grande vettore aereo internazionale da un giorno all’altro. Come può pensare, dunque, con questa storia recente alle spalle ‑ come politico e come imprenditore ‑ di essere credibile oggi quando chiede agli italiani di fidarsi delle sue strategie per il salvataggio di Alitalia?
Purtroppo apprendiamo che da una lunga serie di errori neppure il sindacato confederale ha saputo trarre gli insegnamenti che avrebbe dovuto: la sua incapacità di negoziare con realismo la sola ipotesi di salvezza che ancora si presentava, ha portato alla rottura della trattativa con il solo grande vettore internazionale ancora disponibile per tentare questa difficile impresa. Come già KLM nel 1999, ora anche Air France scappa da un sistema ostile agli operatori stranieri. Ora rischiamo di tenercela tutta per noi, la nostra fallimentare compagnia di bandiera. Qualcuno sarà soddisfatto: nessuno contenderà le spoglie di Alitalia alle cordate padane che vorranno spartirsele. Ma per Cgil, Cisl e Uil si profila il rischio di un declino che può avere conseguenze esiziali. Noi crediamo che dispongano ancora delle risorse culturali e morali necessarie per evitare questo esito. il sindacato può recuperare quella funzione di rappresentanza vera, che consente ai lavoratori di valutare la bontà di un progetto e investire su di esso il proprio consenso e il proprio lavoro. Senza appoggiarsi alla mediazione politica tout court, che rappresenta per il sindacato il bacio della morte. Le nostre parole potranno dispiacere a qualcuno, ma è necessario dirle. C’è una generazione politica nuova che deve farsi carico di cambiare il sistema, e non può permettersi di chiudere gli occhi e la bocca, come le tre scimmiette, di fronte alla cruda realtà.

Nessun commento:

Powered By Blogger