domenica 30 marzo 2008

BUSTO,CHE FA? Voglia di aria nuova che i sondaggi non misurano

E’ in corso una campagna elettorale difficile, complessa. Probabilmente il paese che ne uscirà non sarà lo stesso di questi ultimi quindici anni. Perché il quadro politico di riferimento sta cambiando, per agganciarsi alle esigenze di una società in veloce evoluzione. Per le risposte che deve dare a cittadini, i cui problemi quotidiani sono sempre più gravosi. Per le riforme che lo Stato e la pubblica amministrazione necessitano, se vogliono supportare la crescita e lo sviluppo.
Di certo anche qui, nel cuore di una provincia dove gli equilibri sembrano quasi immodificabili, si sente un'aria nuova. C'è qualcosa che i sondaggi non misurano, un desiderio di novità che noi intercettiamo nel quotidiano e costante contatto con la gente della nostra città.
Secondo due diverse indagini, l'Italia nell’insieme dei suoi parametri socio-economici si posiziona oltre il quarantesimo posto, almeno una decina di posizioni al di sotto gli altri grandi partner europei. La fotografia è quella di una società immobile, che si riproduce come una decalcomania, in cui i figli faranno spesso il lavoro dei padri, in cui i sogni sono tarpati dal timore della precarietà e del rischio. Ma il Partito Democratico è il partito del futuro, dei giovani: intercetta il bisogno di novità delle nuove generazioni.
Per questo il PD a Busto, per dare un primo segnale che ci metta in connessione con questa voglia di cambiamento, ha voluto candidare anche persone giovani, dinamiche, che rappresentano un vero e proprio investimento sul futuro. Un ragazzo e una ragazza di vent’anni – Jacopo Bolis e Alice De Toni - corrono nei collegi per le elezioni provinciali. Una giovane imprenditrice di trenta, Alice Colombo –una laurea in filosofia e una in viticoltura - per la Camera dei deputati.
Tre giovani nati e cresciuti a Busto, tre giovani che vivono la città di oggi e costruiranno quella di domani.
E nella notte magica del 14 marzo, quando Veltroni con il suo pullman raggiunge il teatro Apollonio di Varese e la gente riempie già platea e galleria, mentre altre duemila lo attendono in Piazza della Repubblica, è proprio la bustocca Alice Colombo a salutare il leader del PD a nome di tutta la provincia. Un fatto inusuale, diciamocelo, per il noto “varesecentrismo” che connota il territorio. Emozionato ma entusiasta, determinato e fiducioso il suo intervento.
“Vorrei parlare di giovani e di donne…la parte più debole e vulnerabile della società, eppure quella che ha in mano, in testa e “in grembo” il futuro dell’Italia. Non sono qui per piangermi addosso, sono di Busto Arsizio e i bustocchi, così come tutti i varesotti, non hanno tempo di piangersi addosso, ma la realtà è che anche qui noi dobbiamo ancora scegliere se essere delle madri o essere delle lavoratrici quando sappiamo di poter essere benissimo entrambe le cose. Molte donne della mia generazione, sia che lavorino in fabbrica, che facciano le impiegate, che siano laureate o no, percepiscono a fatica 900-1000 euro al mese. Questa è la verità anche al nord!…
Vorrei anche dare voce a questa provincia ricca e operosa, le cui imprese riescono a dialogare con tutto il mondo! Sono onorata di esserne parte e di portare all’estero, insieme con la mia esperienza, il suo nome. Il Partito Democratico rappresenta la forza, l’orgoglio di questa provincia e non certo l’ideale di chi vuole rinchiudersi in spazi angusti.
Qualche anno fa mi sono laureata in filosofia e la mia tesi di laurea iniziava con una frase, di un filosofo tedesco dell’800, che mi appassionò tantissimo e che vorrei citarvi: alla domanda di un padre su quale fosse il modo migliore di educare moralmente il proprio figlio, qualcuno diede questa risposta: “fa sì che sia cittadino di uno stato con buone leggi. Le buone leggi non sono solo delle parole scritte su un pezzo di carta, ma sono chiare e semplici e non mettono i bastoni fra le ruote alle aziende e alle persone che lavorano sodo, giovani e donne incluse, anzi le premiano! E soprattutto le buone leggi non sono tali se non c’è nessuno che le faccia rispettare!”.
I cittadini - voi - , siete qui a chiedere a chi fra poco, noi siamo certi, governerà l’Italia, di non promettere soltanto, ma di fare delle buone leggi! E noi vi garantiamo che il PD ha già raccolto questo invito e ci metterà tutto il suo impegno perché le promesse vengano mantenute”.”
Lo saranno, ne siamo certi, e vincerà la voglia di nuovo. Forza ragazzi!

IL NO DELLA LEGA Malpensa, Italianità e la compagnia di bandiera

Fulminati sulla via di Damasco? Macché. Sulla via di Roma, tanto sembrano abbagliati dalla capitale e dalle questioni romane, certi nostri concittadini leghisti, scrittori prolifici dalle pagine di questo settimanale. Del resto è comprensibile, vi passano troppo tempo per impegni assunti in Consigli di Amministrazione che hanno sede nella tanto vituperata politica romana. Da lì ci rimandano un’immagine del paese sull’orlo del baratro. Esagerazioni a parte, forse è un espediente per parlare poco della nostra Busto, della situazione in cui si trova “grazie” alla loro attività amministrativa. Forse, e d’altra parte qualche ragione ce l’hanno: quello che non hanno fatto in cinque anni di governo Berlusconi-Lega, non si poteva sistemarlo tutto in venti mesi di governo Prodi. Qualcuno ha visto un’ombra del tanto sbandierato federalismo, quando hanno governato? Noi no, abbiamo visto solo una riforma abortita grazie al voto dei cittadini. Noi abbiamo fatto la riforma del Titolo V della costituzione, i cui effetti si sono sentiti, e hanno consentito alla Lombardia quegli spazi di autonomia che preludono a un federalismo vero. Intanto che qualche prefica si dedica alle geremiadi, c’è chi bada al sodo e preferisce impegnarsi per il bene del nostro territorio, portando a casa risultati concreti. Qualche esempio? Prendiamo Malpensa. La nostra città è al centro di una conurbazione in cui l’aeroporto rappresenta per le imprese, i lavoratori, il posizionamento strategico, un elemento assolutamente vitale. Chi gridava allo scandalo e alla vergogna per la vendita di Alitalia ad Air France, si è trovato scornato dalla “carambola” di Berlusconi in materia, passato dalla priorità di salvare Malpensa al via libera alla vendita ai francesi, purché sia salva la bandiera dell’italianità della compagnia. Italianità, cara Lega, non “padanità”, cacofonico neologismo di facciata. Tutti abbiamo capito che la moratoria era ed è una richiesta priva di fondamento, se non c’è nessuna compagnia seria pronta a subentrare ad Alitalia, mentre un piano di gradualità nel lasciare le rotte alle compagnie aeree che intendono subentrare rappresenta l’unica alternativa credibile. E intanto che il capo del Partito delle libertà aspetta di cambiare nuovamente opinione, è il deputato Daniele Marantelli che termina questa legislatura lavorando per ottenere i soldi per la salvaguardia dei posti di lavoro. 80 milioni di ammortizzatori sociali che valgono per tutto il comparto legato a Malpensa, indotto compreso. Stanziati dalla Camera grazie ai voti determinanti del Partito Democratico: perché la Lega invece si è astenuta sul voto del provvedimento. I lavoratori dovrebbero saperlo. Non sembra poi così interessata a loro, che vivono nel territorio e ne rappresentano una ricchezza, quando non la riprendono le telecamere a manifestare col fazzoletto verde contro Roma ladrona. In più, ci sono 40 milioni per completare le infrastrutture di accesso, indispensabili allo sviluppo dell’aeroporto. Che sommati ai finanziamenti per la Pedemontana – che interessano anche il sud della provincia e Busto - e all’Arcisate Stabio, sono molto di più di quanto si sia ottenuto nei cinque anni di governo Berlusconi. Altro che ricapitalizzazione berlusconiana di Alitalia con i soldi dei contribuenti, pure Lombardi, e con risultati che hanno contribuito ai fallimenti di oggi!
Va da sé che la sola linea seria e realistica è quella espressa da Walter Veltroni, che ha riaffermato come in Italia possano esserci due hub, Fiumicino e Malpensa – ma anche un point to point a casa nostra, dove è l’impresa e non il turismo a giocare la partita dello sviluppo - e che lo scalo varesino deve potersi aprire al mercato, attuando il piano con la gradualità chiesta dal PD ne documento approvato alla camera.En passant, ricordiamo un altro importante risultato: Berlusconi e la sua nutrita pattuglia di deputati e senatori del territorio, leghisti in testa, promise di vendere al mondo l’M346 Aermacchi, il gioiello dell’azienda aeronautica di casa, che a breve diventerà il nuovo velivolo addestratore dell’Aeronautica Militare Italiana. Berlusconi fallì, promessa mai mantenuta. Nella finanziaria di Prodi è stato deliberato l’acquisto di 14 velivoli dell’azienda, come, con comprensibile orgoglio, Marantelli ha annunciato al convegno sul distretto aerospaziale organizzato dagli industriali della provincia di Varese. Fatti, non parole. Nelle nostre zone abbiamo avuto per anni tanta demagogia e scarso impegno per la comunità. Si sono occupati tutti gli spazi disponibili, tutte le poltrone. Ma se si giudicano i risultati concreti, in due anni con un deputato e un senatore del PD abbiamo portato a casa più noi,che loro nei cinque di governo Berlusconi-Bossi, a dispetto di tutte le millanterie sul Nord. Loro sono il passato: gli elettori guardino al futuro, e riprendano a pensare con la testa dei giovani, con la loro positività.

BILANCI "SBILANCIATI"! Tapiro d'oro o Tarliso d'oro per vicende sensazionali

Dovessimo istituire in città il rito della consegna del “Tapiro d’oro” (“Tarlisu d’oro” magari, per affidarci a linguaggio e tradizioni locali) cosa accadrebbe? La vicenda logorante del progetto di riqualificazione di Piazza Vittorio Emanuele ne sarebbe uno dei principali destinatari. Con gli occhi fissi su Palazzo Gilardoni – la macchina comunale in stand-by, le indagini della corte dei conti, i bilanci “sbilanciati” che non arrivano e in cui scopriamo nuove passività - non salta agli occhi quanto emblematica politicamente sia quest’opera di urbanizzazione, già prevista da lungo tempo dal Piano Regolatore Generale come attrezzatura di interesse pubblico. Emblematica di una progettualità inconsistente, o quanto meno che stenta a prendere lo slancio quando si deve passare dalle parole ai fatti.
Questa piazza, per la sua storia e la sua collocazione, rappresenta uno dei più importanti elementi che caratterizzano il centro storico di Busto: in collegamento funzionale con le Piazze San Giovanni e Santa Maria, costituisce un sistema a tre poli composto da percorrenze e luoghi di incontro che realizzano una struttura urbanistica omogenea. Una ricchezza che meriterebbe di essere valorizzata, e che ricostituirebbe per Palazzo Cicogna e la Biblioteca Comunale un ambiente più consono al loro valore. Il problema che oggi abbiamo di fronte è la condizione di degrado di un pezzo dell’insieme, vale a dire la piazza oggetto del contendere. Inoltre, l’essere un “parcheggio” a cielo aperto in pieno centro cittadino la rende un’autentica camera a gas in particolari ore della giornata, quando l’impossibilità di posteggiare vede dipanarsi quotidianamente un carosello di auto, incessante quanto inutile. E’ banale asserire che una qualunque idea, sia pur vaga, di fruibilità da parte dei cittadini e dei residenti, nella situazione attuale è del tutto risibile.
Il suo stato di abbandono è il segno dell’inadeguata presa in carico del problema da parte delle amministrazioni che si sono succedute negli ultimi quindici anni. Due leghiste e una della Casa delle Libertà. E a cui quella attuale non sembra voler rimediare, quanto meno nei tempi adeguati allo sviluppo di una città moderna.
La polemica cittadina si avvita attorno all’inerzia di chi amministra, consumando la discussione nella frammentazione del progetto complessivo: da una parte la riqualificazione degli stabili, dall’altra il silos sotterraneo, e infine la collocazione del monumento.
La riqualificazione la vogliono quasi tutti, almeno a parole. Il silos non lo vogliono certuni, capitanati dalla “Voce della città” che ha raccolto le firme per la promozione di un referendum consultivo. Quanto al monumento…ricordate la canzone di Modugno? Dove lo metto, dove lo metto, non si sa.
O forse sì? Qualche giornale sembra saperlo, Palazzo Gilardoni tace, importanti esponenti della maggioranza rilanciano e danno il loro parere su sistemazioni alternative. Dimenticandosi che, avendo avuto la guida della città, avrebbero potuto lavorare a tempo debito. Soprattutto avrebbero avuto tutto il tempo, se davvero lo volevano, di promuovere un ampio dibattito per esporre il progetto nella sua interezza, e valutare i singoli aspetti laddove i cittadini lo ritenessero necessario. Non si è fatto nulla di tutto ciò, dunque inutile gridare di chiudere la stalla quando i buoi sono scappati.
Quello che ci pare il nodo cruciale della questione è però questo: Il rapporto tra amministrazione e capacità decisionale nel confronto col mondo dell’impresa. I tempi si stanno allungando a dismisura, i privati che debbono realizzare il progetto rischiano di non tenere il passo elefantiaco della politica. Qualcuno li chiama speculatori - questi, magari non altri – ma lasciamo a loro la difesa del proprio lavoro. Noi diciamo che così non si entra nel cuore del problema: quanto tempo occorre per decidere? Quanto per argomentare un sì, oppure un no? E una volta scelto - vocabolo che pare una bestemmia in politica - e assunto un impegno, i tempi fanno parte del rispetto dell’assunzione di responsabilità?
Le scelte, soprattutto quelle complesse che comportano cambiamenti sostanziali, sono un strumento utile quando servono al perseguimento dell’interesse generale. L’interazione pubblico e privato, capace di influenzare le dinamiche politiche e impattare sulla crescita economica e sullo sviluppo, possono non rimanere un bel sogno.Eppure, spesso i risultati attesi rimangono delle chimere, come in questo caso. Forse perché la stella polare del processo decisionale del sistema politico va ricercata in fattori diversi dall’interesse generale. Se così è, la riforma del modo di fare politica è la prima riforma del paese, ad ogni livello. Un editoriale simpatico della stampa locale esorta a “Salvare il soldato Gigi”. Salvatelo, sì. Dal fuoco amico però.

PICCOLE BOMBE! Perché la magistratura lombarda indaga sui "derivati o swap?"

Mercoledì 3 febbraio 2008 Il Sole 24 Ore-Lombardia ha pubblicato un articolo interessante dal titolo:”Faro sui derivati”. Dai primi giorni del 2008 la Sezione Lombarda della Corte dei Conti ha deciso di avviare un’istruttoria su circa 35 comuni che lo scorso anno avevano in attivo uno o più prodotti finanziari derivati. In finanza, uno strumento derivato o swap è considerato ogni titolo il cui valore è basato sul valore di mercato di altri beni (azioni, indici, valute, tassi ecc.). Sono operazioni che di solito si costruiscono su un debito. Cosa significa in termini comprensibili ai comuni mortali? Significa questo: lo swap semplice è essenzialmente uno scambio. Per esempio, tu hai un debito e paghi un tasso variabile del 5%. La banca ti propone uno scambio, ti dice:” Il tuo 5% variabile lo pago io al posto tuo, tu paghi un 4,5 fisso per tutta la durata del contratto. In questo modo se i tassi scendono sotto il 4,5 tu non avrai utili, ma se aumentano la differenza ce la metto io. Tu non ci guadagnerai ma nemmeno ci rimetti”.
Se nel contratto non ci sono trappole, sembrerebbe perfetto, quasi neanche crediamo che una banca possa spingersi a tanto. Ma allora perché la magistratura contabile lombarda indaga?
Perché questi strumenti finanziari sono spesso piccole bombe ad orologeria in grado di dissestare pesantemente i bilanci delle amministrazioni, e non solo.
Andiamo con ordine. L’unico comune sotto inchiesta di cui si conosce il nome è Lecco, il cui derivato è gestito dalla Deutsche Bank. Si tratta di un derivato complesso, e non vogliamo entrare nel merito del fatto specifico, aspettiamo che l’indagine in primavera ci dica quali sono gli altri comuni e cosa sta accadendo.
La Deutsche Bank, però, è l’advisor della seconda operazione di swap messa in campo dal Comune di Busto Arsizio. Un’operazione di cui vogliamo discutere, perché ci preoccupa nei possibili esiti futuri, aldilà della sua correttezza formale.
Cosa ci ha detto in merito l’amministrazione? Più o meno questo. Il debito del nostro comune ammonta a circa di 55 milioni di €., più gli interessi. Con il primo ricorso ai derivati gli interessi ammontavano – dati degli uffici competenti del comune – a poco più di 24 milioni.
Il nuovo prodotto strutturato è stato concretizzato al fine di rimodulare il piano di rimborso del debito, ridistribuendo i pagamenti entro la scadenza finale naturale, vale a dire entro il 2031. La manovra consente di ridurre fino al 2013 i pagamenti per la copertura del debito, permettendo così di liberare risorse per finanziare nuovi investimenti per almeno 11,8 milioni di €. Questi 11,8 milioni li restituiremo – ovviamente - tra il 2014 e il 2031.
Detta così, è un’operazione apparentemente innocua.
Piace a molti enti locali, che se ne servono perché, oltre a coprirli dai rischi del rialzo dei tassi, ottengono soldi da spendere subito, spostando il peso maggiore del debito in là negli anni, che tradotto in linguaggio semplice significa: ”Io ho debiti, ma a pagare pesante sarà chi viene dopo di me”. Esattamente quello che accade da noi. Guarda caso, la manovra che consente di fare cassa copre sette anni, quelli in cui, se tornasse a vincere al prossimo giro, governerebbe l’attuale sindaco. Chi viene dopo, qualunque sia il suo colore politico, si troverà a pagare di più, e quindi a dover stringere la cinghia. Una vera polpetta avvelenata al proprio successore.
Non è tutto. Se prima gli interessi sull’intera operazione erano 24 milioni, adesso salgono a quasi 33 milioni, per l’esattezza 32.947.557,28. Facciamo i conti: paghiamo 8.682.503,62 milioni in più. Quindi fra sette anni, non solo dobbiamo restituire gli 11,8 milioni che nel frattempo avremo speso, ma pagheremo di più per avere avuto la possibilità di ottenere quell’anticipo in contanti che ci fa comodo adesso.
Una cosa ci conforta (si fa per dire): le banche rimangono le stesse. Non fanno nulla che non sia lautamente vantaggioso per loro. Purtroppo non ci conforta molto l’operato degli amministratori. Questi prodotti finanziari sono diventati la valvola d’ossigeno per dare una risistemata al mutuo comunale e fare cassa, allungando la corda del debito. Solo che questa corda ce la stiamo attorcigliando al collo, col rischio molto reale di strangolare le generazioni future per prendere oggi qualche beneficio.
Speriamo poi che non vi siano ulteriori aspetti negativi. E’ vero che sono temi piuttosto complessi, ma è bene che i cittadini siano informati di quanto accade. E chiedano tutte le spiegazioni necessarie. Cosa che noi del PD faremo senz’altro.Perché non si debba arrivare a dire: “ ai posteri l’ardua…insolvenza”.

STIPENDO D'ORO Provare a capire per una serena riflessione

Da questa pagina del nostro appuntamento settimanale, già vi parlammo dell’indagine che la Corte dei Conti ha in corso nei confronti del Comune di Busto Arsizio. Circostanza delicatissima, al punto che come gruppo Consiliare del PD abbiamo chiesto due volte una COMMISSIONE D’INDAGINE su quello che definimmo il caso degli “STIPENDI D‘ORO”. Negataci per la seconda volta vorremmo, senza demagogia, provare a capire e avanzare una serena riflessione su alcuni aspetti di questa vicenda, assumendoci l’impegno di tenere il cittadino informato dei vari passaggi che seguiranno.
La Corte dei Conti indaga su alcune situazioni chiaramente illegittime occorse nel nostro comune. Illegittime formalmente, perché mancano o sono scorrettamente applicati alcuni passaggi burocratici; e sostanzialmente, avendo a che fare con esborsi di denaro non dovuto.
Gli atti illeciti si riferiscono a tre capitoli fondamentali. Il fondo dipendenti, impropriamente utilizzato o neppure definito. Le progressioni verticali, vale a dire la riclassificazione dei dipendenti interni in una categoria superiore, che non avvenne in seguito a corrette procedure selettive. Le progressioni orizzontali, quelle interne alla categoria, che sono incrementi retributivi connessi alla qualità della prestazione resa dal lavoratore a parità di mansione. Qui, invece di evitare il fenomeno delle distribuzioni a pioggia, che ne costituisce una finalità impropria, lo si è assunto quasi a norma.
I fatti accaduti coprono un arco temporale che va dal 2001 al 2006. Quando per anni venne meno l’ente regionale di controllo, il CORECO. Quando a Busto Arsizio il Comune non aveva quel Controllo Interno di Gestione previsto dalla legge, che avrebbe evitato o contenuto il danno.
A latere: perché mancava? perché la politica non ha provveduto? Nessun sindaco o amministratore , leghista o di centrodestra, ha letto il Testo Unico degli Enti Locali?
Consentiteci una nota di polemica, ma polemica seria: caro ex Sindaco Gianfranco Tosi, invece di occuparsi nella Sua rubrica sull’Informazione della campagna elettorale e della faccia di Prodi, non ha proprio nulla da dire in merito a ciò che è anche sua responsabilità, quale che sia la forma che questa responsabilità verrà ad avere? Qualcosa di serio, che aiuti a capire, se le riesce.
Questi i fatti; non aggiungiamo altro. Chiunque voglia discuterne a fondo può contattare il PD. Quello che ci preme capire è altro. I consiglieri comunali, tanto della maggioranza quanto dell’opposizione, non hanno avuto la possibilità di approfondire gli argomenti, com’è loro diritto e dovere.Le informazioni per lungo tempo si sono limitate a comunicazioni del sindaco e alla richiesta di documentazione, ottenuta quasi sempre su nostro sollecito.
Lo strumento che ci avrebbe consentito di lavorare per capire meglio la situazione, molto grave e foriera di conseguenze negative per il futuro, era la Commissione d’indagine. L’ultima bocciatura da parte di Sindaco e maggioranza, aldilà delle chiacchiere tipo:”ripresentatela più avanti, non è il momento” che da dieci mesi vanno ripetendo molti esponenti di FI – dato che non è facile neppure per loro digerire tutto, ma proprio tutto – è avvenuta il 13 Febbraio in Consiglio Comunale.
Perché in quella occasione il Presidente del Consiglio Speroni ebbe tutta quella fretta di far votare, e il Sindaco Farioli quella vaghezza nel supportare la sua proposta di una commissione di scopo, che se istituita subito avremmo accettato?
Molto, molto cara l’alleanza con la Lega, caro Sindaco. E tuttavia non vediamo la ragione di farne pagare i costi alla città, e alla buona amministrazione.
Riflettiamo anche su un altro aspetto che ci ha molto infastiditi. Il continuo riferimento di quei signori al fatto che la commissione d’indagine non può costringere nessuno a essere “interrogato”. A chi come a noi non interessa questo aspetto inquisitore dei compiti della commissione, ma pensa ad una valutazione dei documenti che arrivi ad una analisi politica complessiva dell’accaduto, paiono ragioni del tutto pretestuose.
Poi, pensandoci bene, abbiamo provato a guardare le cose da un altro punto di vista. Non solo quello dei dirigenti “cattivi” che con una gestione “allegrotta e casereccia” si sono intascati soldi non dovuti, e non hanno rispettato le norme che dovevano, mettendo nei guai i colleghi e i “poveri” politici!
Ci siamo chiesti: ma, E SE I DIRIGENTI E I DIPENDENTI PARLASSERO? Non è che si ha paura di questo? Perché magari, vai a sapere, non è poi così vero che facevano tutto loro. Forse non potevano non fare quello che hanno fatto.
Perché di certo non vorranno farci credere che è stata la struttura ad assumere la scelta politica del dimezzamento del personale, scelta infausta che paghiamo ancora oggi, e avvenuta proprio nei periodi in cui accadevano i fatti sotto indagine. Vi terremo aggiornati.

APRIAMO UN "FORUM" SUI DIRITTI Qualche "condizionale" in più e qualche "dichiarativo" in meno

“Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”. O la nostra politica, Shakespeare. Che ancora una volta, verrà mai l’ultima?, ha perso un’occasione per dimostrare di essere all’altezza del proprio impegno: il pensiero, il dibattito sulle idee. La vicenda della Festa Gay di San Valentino, organizzata da forze della sinistra radicale cittadina, è l’ennesima conferma dei treni che si perdono. Poteva svolgersi tranquillamente senza polemiche e sovraesposizioni, com’è nel diritto di ogni manifestazione. E al contempo poteva essere il volano d’apertura di un dialogo fra culture diverse, che sono tali in quanto esprimono distinte visioni dell’economia, della società, degli individui, e quindi un combinato differente di valori e iniziativa politica. Poteva riuscire più o meno gradita la forma, più o meno graditi i contenuti: chi fra gli esponenti politici si è proposto per un commento, o è stato interpellato per darlo, poteva sostenere le proprie argomentazioni con qualche condizionale in più e qualche dichiarativo di meno, quando al centro di una questione c’è la vita di uomini e donne in carne ossa. Sapendo che una comunità, anche secondo la tradizione cattolico democratica, è vera quando è inclusiva, o non è. Magari è praticata male, la tradizione; avviene spesso. Ma il contenuto delle parole “cristiana” e “democratica” quello no, non si può equivocare. Non in buona fede. Chi ha a cuore le persone, tutte, perché a cuore ha la “persona” in quanto tale, l’ultima cosa che vorrebbe è scatenare una rissa sulla loro pelle. Sente l’impegno di contribuire a costruire un’etica pubblica, e per questo non lo fa.
Non è andata così.
Essere omosessuale, anche ai giorni nostri, non è facile. E’ un fardello interiore che crea fatica umana e sociale.
“Se tutti voi sapeste le pene dell'inferno che la maggior parte di noi ha dovuto affrontare nella vita. Se la maggior parte di voi sapesse quanto è difficile provare dei sentimenti e "istinti" che vanno contro ciò che la società moderna "decide" che è normale, senza poter lottare o fare nulla per cambiare le cose, perché l'attrazione che provi per una persona del tuo stesso sesso non è una scelta, non è un divertimento di un'ora, ma un istinto che senti nascere dentro di te contro al quale non puoi andare. Un istinto che è radicato dentro di te, innato, fin da piccolo capisci che sei diverso.” Sono le parole di un nostro concittadino. Servono commenti?
Nel nostro tempo la società è più avanti della politica, ha accettato più profondamente «la normalità della diversità». Nella vita quotidiana i rapporti tra le persone, e non solo tra le giovani generazioni, non somigliano a quelli tipici della società italiana di molti anni fa. Anche quelli fra i cattolici dichiarati. Eppure non basta, c’è molto da fare per vedere riconosciuti e assimilati alcuni diritti di cittadinanza. E la politica, purtroppo, invece di rimboccarsi le maniche e assolvere alle sue funzioni, spesso gioca sulle loro vite una partita camuffata. Li usa, gli omosessuali, per altri scopi. Lo fa un certo integralismo cattolico, fragile e quindi aggressivo; ma anche una parte della sinistra che fa giuste battaglie di frontiera, arroccandosi, però, per riflesso condizionato, sulle proprie convinzioni.
Per questo il gruppo consiliare del PD a Busto ha chiesto di affrontare in modo completamente nuovo questa partita. Smarcandosi dalla solita palude del vecchio “o sei con me o contro di me”. Rilanciando il dialogo su questi temi. Chiedendo al proprio partito: apriamo noi un grande cantiere, un grande «Forum sui diritti» che metta seduti al tavolo tutti quelli e quelle che hanno a cuore il futuro del paese. Laici, cattolici, omosessuali, eterosessuali, agnostici… Tutti coloro che vogliono veramente affrontare il problema dei diritti civili. Ma soprattutto che vogliono vederlo risolto ora, e non rimandato all’infinito.
Oggi si sono scambiati i santini, i consiglieri Salomi e Corrado. Con tanto di foto a immortalare. Domani, il grado di comunicazione sul tema non avrà fatto un passo in avanti.C’è una politica altra, che punta non a dividere, ma a unire il paese sulle grandi questioni etiche che riguardano la vita e la morte, su quelle dei diritti civili che investono la sfera della sessualità e della famiglia. La politica che noi vogliamo costruire. La vitalità di una comunità cittadina si misura su come riesce a crescere, ad andare oltre i suoi limiti, ad immaginarsi migliore per tutti. A far sì che tutti sentano di farne parte. A questo siamo chiamati. In nome anche di un intellettuale come Pasolini – per chi ci ha chiesto se lo ricordiamo - espulso dal Partito Comunista per peccato di “degenerazione borghese”. Tradotto dal “verbo” di allora: era omosessuale.

NON FAREMO SCONTI! Fra poco comincerà la "fase discendente" della nostra amministrazione

A venti mesi dalle elezioni comunali del 2006, questo dovrebbe essere il momento di fare seriamente qualche bilancio complessivo dell’azione amministrativa. La fase “ascendente” della legislatura sta finendo, e inizierà fra pochi mesi quella “discendente”. Che cosa significa questa suddivisione? Concretamente, questo è l’anno in cui un’amministrazione deve mettere in cantiere i suoi progetti più importanti, quelli che la distinguono da chi l’ha preceduta, e la caratterizzano nel corso degli anni. E’ il momento in cui le idee portano a compimento il proprio percorso di definizione, e iniziano quello di realizzazione. Che può non concludersi nell’arco della legislatura, ma le “opere in corso” sono in quanto tali percepibili dai cittadini. Se così non avviene, nell’arco dei cinque anni canonici tutto ciò che si riuscirà a fare è la gestione dell’esistente. Più o meno buona che sia.
Nel corso di questa mezza legislatura abbiamo sentito molte parole, ascoltato maestose proposte, impegni roboanti. L’elenco non riesce ad essere esaustivo dello stato d’insieme dei progetti, ma dà un’idea: Ospedale Unico? Perso nella nebbia. Fondazione Blini! - poco mancava ci si accapigliasse – qualche volta ritorna ad animare il dibattito, ma quando, se, e come partirà, non è dato nemmeno ipotizzarlo. Del Piano di Governo del Territorio se ne avrà notizia, se tutto va come deve, fra oltre due anni, cioè forse a fine legislatura. Ovviamente senza che sia stato predisposto in città alcun momento partecipativo credibile. Il Piano della Mobilità si perde, con Gallarate che se ne va per conto proprio sfilandosi dalla gara per il sud della provincia. Il Polo Scientifico Tecnologico è in agonia, e nessuno sa bene cosa farne, a parte cambiargli il nome in Agenzia per lo Sviluppo. L’Accam avrebbe dovuto diventare Agenzia (!) per l’Ambiente del territorio: il tavolo di confronto voluto dal PD è stato costituito, ma solo dopo più di un anno di solleciti, sempre nostri. E’ lì che aspetta, il tavolo, che qualcuno si segga e cominci a lavorare.
Strategia sulle municipalizzate? Va già bene se aziende e comune non finiscono in tribunale. La macchina comunale è bloccata dalle indagini della Corte dei Conti, e questo, ci dicono, condiziona i tempi di lavoro. Vero? Certo, è innegabile. Ma il tempo di riunire a porte chiuse i diretti interessati dalle indagini, come carbonari – per aggiustare la faccenda?- quello lo trovano. Poi al primo consiglio comunale utile avremo le comunicazioni del Sindaco. Siamo maestri nell’ascoltare le comunicazioni. Visti i risultati potrebbero comunicarcele via mail e risparmiare i soldi del consiglio.
Forum per l’Innovazione, Programma strategico di area vasta? Per carità. Neanche chi li ha proposti crede di riuscire a vedere qualcosa. Abbiamo discusso, a volte duramente e a volte trovando punti d’intesa, fra la maggioranza e l’opposizione del Partito Democratico. C’è ancora mezza legislatura. Dobbiamo alla nostra città la dimostrazione che le istituzioni hanno senso e utilità.
Mentre scriviamo siamo da giorni nel pieno di una pesante campagna elettorale, e fosse una sola! La classe politica è ai blocchi di partenza. Non solo quella nazionale, che si prepara alla rapida corsa verso le elezioni politiche d’aprile, ma a cascata quella lombarda e varesina. Tutti i discorsi pieni di passione per il proprio territorio, che abbiamo sentito nove mesi fa alle elezioni provinciali dal Presidente Reguzzoni, potrebbero essere parole al vento, perché una carriera val bene una corsa a Roma. Il presidente Formigoni è al terzo mandato, sarà anche stanco di fare il governatore – noi di sicuro siamo stanchi di averlo!- e correrebbe per un posto, nientemeno che da ministro. Costringe la Lombardia a elezioni anticipate? Pazienza, la carriera…
Si prepara anche qualche sindaco, pare abbiano le valigie pronte ma non lo dicono. In tutto questo diamo merito al merito, almeno una nota positiva l’abbiamo sentita. Nel toto poltrone era incluso da giorni anche il sindaco di Busto Arsizio, Gigi Farioli. Che però il 7 Febbraio (segniamoci la data) a mezzo stampa smentisce tutto, e dichiara che “ la sua Roma e la sua Milano si chiamano Busto”. Un segnale positivo, qualunque ne sia la ragione. C’è molto da fare, in questa città. Abbiamo ancora un po’ di tempo, e un bilancio di previsione alle porte. E’ il momento di mettere in cantiere qualcuna delle tante cose promesse. Poche, chiare, essenziali. Non faremo sconti, noi del Partito Democratico; ma lavoreremo, costruttivamente, per il bene della città. Che ci appartiene, e appartiene a tutti.

COSTRUIAMO SPERANZA Il dibattito sulla "Shoah" non è un obblogo formale

“Ciò che ha connotato tutta la mia vita è stata la mia deportazione nei campi di sterminio nazisti. Con me ad Auschwitz finì tutta la mia famiglia, vennero sterminati tutti. A diciotto anni sono rimasto orfano e quest’esperienza così devastante ha fatto di me un uomo diverso, un testimone per tutta la vita”.
Così Nedo Fiano –matricola A5405– inizia la commemorazione dei deportati della Ercole Comerio, il 12 Gennaio scorso al Museo del Tessile.
La storia dei nostri ragazzi non la conosce nei dettagli, ma non ne ha bisogno. La macchina della morte nazista non faceva differenza nel disumanizzare con i suoi metodi “i pezzi” umani da distruggere. E così la via crucis di Nedo incrocia quella dei lavoratori di Busto che non sono più tornati da Mauthausen. Si interseca con la vita di Angioletto Castiglioni.
L’annuale celebrazione si svolge pochi giorni prima del Giorno della memoria, e questo ci consente di pensare a ciò che accadde come ad un avvenimento dal significato universale, che non riguarda solo il più tragico momento della storia fra il popolo ebreo d’Europa e la “civiltà” trasfigurata in follia.
Quando Fiano parla della Shoa’ fa venire i brividi, perché lui non racconta, non spiega: lui rivive, lui grida, lui piange, lui rigurgita l’olocausto da ogni poro della sua pelle.
E’ un grido di disperazione, un urlo di dolore incommensurabile: parla della madre come se la salutasse per l’ultima volta adesso, non 64 anni fa, poche ore prima che la sua vita terrena si interrompesse nel Crematorio n°2. La sua non è una conferenza ma un’invocazione inconsolabile: “Questo è stato e io sono ancora vivo e voi siete ancora vivi e l’umanità esiste ancora dopo questo”. Lui Testimone, in un tempo che vive di testimonial e grandi fratelli.
Quanto più ci allontaniamo dall’epoca degli avvenimenti, quanto più il numero dei sopravvissuti diminuisce, tanto più cresce il timore che il dibattito sulla Shoà rimanga circoscritto a un ambito accademico e astratto e perda gradualmente il legame con una dimensione umana, personale. Apparentemente questo è un processo naturale: coloro che ricordano si allontanano dalla sofferenza delle vittime a favore di una prospettiva storica più ampia, generale, teorica. In un certo senso è più facile, e persino "comodo", occuparsi di un evento storico traumatico con gli strumenti del pensiero astratto e del dibattito concettuale piuttosto che esporsi, di volta in volta, alle atrocità, all’insopportabile sofferenza del singolo, dell’uomo, della donna e del bambino vittime di quel trauma.
Eppure tale dibattito è significativo, e autentico, solo se non si trasforma col passare del tempo in una sorta di obbligo formale, di tributo che si paga come obolo necessario una volta l’anno, per poi continuare come se “ questo non fosse stato”.
E’ stato notato che i pochi giovani presenti all’evento di quel giorno non sembravano né particolarmente toccati né interessati. Viceversa molti ragazzi delle nostre scuole hanno reagito con grande partecipazione emotiva agli appuntamenti cittadini. Tutto a pochi mesi di distanza da episodi che hanno visto Busto Arsizio al centro della cronaca, causati da stolti infettati da un antisemitismo sempre latente. L’odio antisemita è un veleno che permea il tessuto morale ed etico di ogni nazione.
Tuttavia prima di giudicare dovremmo fare una riflessione. Quali messaggi mandiamo ai più giovani nella nostra città? Chiediamoci come noi, politici e rappresentanti di questa generazione, comprendiamo l’incisività e l’attualità degli interrogativi che la Shoà ci prospetta, e la rilevanza che hanno ancora oggi. Come noi, nella vita amministrativa, riusciamo, con le azioni e i comportamenti, a veicolare il messaggio che la memoria che serbiamo di quegli avvenimenti terribili può essere veramente una sorta di richiamo morale nei comportamenti quotidiani.
Siamo in grado di parlarne e confrontarci sulla base della comune consapevolezza che contro la difesa dalle follie più efficace di ogni legge è la memoria, strumento potente per capire e rispondere alle sollecitazioni del presente?Ognuno ha una personale sensibilità e una propria coscienza. Ma la comunità politica cittadina deve trovare comportamenti e linguaggi condivisi, basandosi sulla conoscenza dei fatti storici, facendo riecheggiare gli interrogativi morali, sociali e filosofici che quella tragedia risveglia, mantenendo sempre un legame con le vicende personali degli esseri umani che la vissero. Noi siamo il passato e il futuro, ha detto Fiano: e allora costruiamo speranza, innestiamo un progetto responsabile con al centro la pace e la fiducia tra i popoli, l’incontro tra culture e religioni diverse. Perché l’odio fra le genti e le stragi degli innocenti nel mondo non sono retaggio di un passato a cui diciamo: Mai più!, ma realtà di un oggi costretto di continuo a dire:”Ancora!”

FIDUCIA Amministrazioni locali (Busto) e spesa pubblica

n Riqualificare la spesa pubblica è un imperativo urgente e ineliminabile. Per lo Stato,ma anche per le Amministrazioni Locali. Solo attraverso un processo di cambiamento nell’uso delle risorse che i contribuenti conferiscono alla collettività, governi e amministrazioni possono sospingere la crescita, elevare il benessere, rinsaldare il loro rapporto di fiducia con la società a cui debbono offrire una prospettiva di sviluppo.
Rinsaldare il rapporto di fiducia: precondizione a qualsiasi rinnovamento che sia davvero tale. Anche a casa nostra.
La vicenda che vede il Comune sotto indagine da parte della Corte dei Conti, ha portato alla messa in mora di circa 40 persone: ex sindaci, commissario prefettizio, assessori, dirigenti, segretari e revisori dei conti! Ricordiamo: l’indagine riguarda il periodo fra il 1999 e il 2004, in cui sono compresi i mandati della giunta Leghista a guida Tosi, e quella Rosa di centro destra. E affinché tutto cambi perché nulla cambi, non solo le due giunte hanno avuto in comune degli assessori, ma metà di questi sono passati in “eredità” a quella Farioli. L’indagine ha rilevato conti in rosso per una somma che si aggira intorno agli OTTO MILIONI di € - vale a dire circa 16 MILIARDI delle vecchie lire! - “arrecando un danno rilevantissimo alle casse comunali”, afferma il Dr. Attilio Vallante, titolare dell’inchiesta.
Le risorse, tolte alla possibilità di spesa per i servizi ai cittadini, sono state indebitamente erogate a dirigenti le cui buste paga mensili hanno raggiunto livelli che un operaio, un impiegato, un artigiano non percepiscono nemmeno dopo un anno di lavoro. Parliamo di cifre che oltrepassano i 40.000,00 euro mensili. Parliamo di qualche dirigente che deve restituire alle casse comunali più di 200.000,00 euro. Sono stati concessi passaggi di livello e benefici quando la legge non lo consentiva, “con distorsioni rispetto alla disciplina contrattuale già in fase di conduzione delle trattative sindacali” (Vallante). Provate a spiegarlo a chi, con contratti precari e con salari da fame, vive con la costante preoccupazione di perdere il lavoro, e le trattative sindacali non sa nemmeno cosa sono.
Tuttavia ciò che colpisce maggiormente non è solo l’allegra gestione del denaro pubblico, magari da chi ha fatto la propria fortuna politica al grido di “Roma ladrona”; o da chi ci costringe a subire sermoni di quanto è bello essere “liberali”, o “giudaico-cristiani”, ma si guarda bene dal mettere a disposizione degli interessi pubblici la stessa cura che prodiga ai propri, e dal rispettare nei fatti quello in cui crede. Non è solo la difficoltà di farsi ridare il mal dato a chi lo ha ricevuto, e insieme la necessità di tutelare quei dipendenti comunali che si sono trovati coinvolti senza responsabilità personale. Tutti atti dovuti: per ripristinare la legalità il primo, e la serenità il secondo. Ma c’è di più.
Cos’è questo “di più”? E’ l’insostenibile leggerezza che si ritrova in alcune dichiarazioni di chi è responsabile di un malgoverno cittadino la cui natura e gravità ci colgono quasi impreparati. Non che si chieda qualche assunzione di responsabilità, ci mancherebbe.
Almeno tacessero. E invece cosa dicono, i politici responsabili di una vicenda che condizionerà il futuro della città e del rinnovamento amministrativo? Pare un coro natalizio: “che una cosa è la questione politica, altra quella amministrativa”. Tradotto nel linguaggio del cittadino comune: io sto lì ma cosa vuoi che capisca? Ho firmato? Ma certo, firmavo quello che mi davano da firmare. Domanda da bar sport: ma allora noi cosa ti eleggiamo a fare se bastano i funzionari?
Qualcuno svia il discorso come si fa coi bambini e ci grida: guardate cosa succede in Campania, guardate Bassolino!!! Certo che guardiamo, e abbiamo parole dure per quell’incapacità di amministrare – guardate voi Cuffaro non lo chiediamo, per carità di patria - ma speriamo non vi dispiaccia se guardiamo anche in casa nostra.
A luglio 20007 il Partito Democratico cerca di capire cosa sta succedendo, e chiede una Commissione d’Indagine. Bocciata. Si va avanti con qualche dichiarazione e troppi silenzi. Ripetiamo la richiesta a Gennaio 2008 e neanche a farlo apposta riesplode il problema con la messa in mora dei quaranta, e allora: nuova agitazione, il sindaco si riserva di rilasciare dichiarazioni ufficiali, e poi “silenzio fino alla seconda settimana di febbraio, data fissata per dare il via alla riorganizzazione della macchina comunale”. Quale? Quella a cui i politici sotto inchiesta hanno dimezzato il personale, pagando ai fortunati cifre moltiplicate come a un “gratta e vinci” truccato?Caro Sindaco, riorganizzazione e riqualificazione non si compiono senza la spinta congiunta di passione politica e passione amministrativa. Commissione d’indagine: brutto il nome, varrà la sostanza. Non sprecare un’altra occasione.

PIANO STRATEGICO Il ruolo di Linate ha "pugnalato" Malpensa -poca solidarietà

Malpensa “tiene banco” nella discussione del momento, e lo terrà ancora per molto. Data l’importanza della posta in gioco è comprensibile. L’aeroporto è essenziale per lo sviluppo dei trasporti del sistema paese in generale, e del nostro territorio in particolare: che significa infrastruttura primaria della competitività del Nord, motore economico dell’Italia.
Nel numero precedente di questo giornale abbiamo letto con interesse l’editoriale di Gianluigi Marcora, così come l’intervento del consigliere Bottini. La frase che sintetizza il nodo politico nevralgico della situazione è di Marcora, in calce all’articolo del collega di Forza Italia. “Perché siamo arrivati a mettere mano al problema solo adesso?”.
Vale a dire: prima di arrivare ad una crisi senza ritorno, cosa si è fatto?
La situazione di Alitalia è critica da anni, e solo gli interventi statali allontanavano lo spettro del fallimento, e con esso le responsabilità di governi nazionali privi di un’idea di integrazione del complesso dei trasporti.
Giova ricordare che nel 2003 Alitalia ha perso oltre 520 milioni di euro, nel 2004 siamo saliti a 858. Nel 2005 il governo Berlusconi non privatizza , ma destina un miliardo di euro per la sua ricapitalizzazione senza delineare, questo è il punto, un piano industriale convincente.
Oggi Formigoni grida al delitto e sbatte le porte!
Dimentica che la difesa del ruolo di Linate ha pugnalato Malpensa, e intanto ogni piccolo aeroporto lombardo pensava a sé e non ad un sistema complessivo integrato. Nel contempo il governatore, al terzo mandato, non lavorava certo ad un progetto di riorganizzazione strategica del sistema aeroportuale del Nord, con Malpensa al centro della ristrutturazione. Non è un caso che non abbiamo avuto grandi espressioni di solidarietà da Bergamo o da Brescia, anzi. E per carità di patria non parliamo del Nord ovest!
Gli è sfuggito che il Comune di Milano ha utilizzato per sé gran parte degli utili di SEA, realizzati anche grazie a Malpensa, sottraendoli agli investimenti sull’hub.
Ogni industriale degno di questo nome si chiederebbe come mai il management dell’aeroporto non abbia predisposto piani strategici alternativi alla presenza di Alitalia, e anche perché l’azionista di riferimento di questo management non gli abbia chiesto di prepararli con il dovuto anticipo. Quale azienda privata delle dimensioni di Sea, caro Bonomi/Lega, non l’avrebbe fatto?
Questo è stato. Non si recrimina sul passato, si vuole capire per passare dall’analisi alle soluzioni.
Soluzioni rese possibili dal contesto, perché affidate alle “ragioni” del mercato. Malgrado le promesse e gli investimenti su Malpensa siano stati costantemente disattesi, l’aeroporto ha avuto ogni anno tassi di sviluppo a due cifre sia per movimento merci - + 9,7 nel solo 2007 -che per il trasporto merci - +16,2 nello stesso anno-.
Tassi di sviluppo che, se mantenuti e supportati, consentirebbero di recuperare le perdite dello spostamento dei voli di Alitalia da Malpensa a Fiumicino in un periodo relativamente breve.
Se il matrimonio fra Alitalia e Malpensa è destinato a finire, che finisca.
Ora dobbiamo governare questa fase di passaggio, e il ruolo del Governo Nazionale è quello di confermare l’impegno al completamento delle infrastrutture di servizio e di collegamento stradale e ferroviario di Malpensa, supportare i diversi livelli occupazionali con interventi anche straordinari, ri-trattare parte degli slot.
Le forze politiche locali, insieme alle parti sociali, svolgano la loro parte. Siano classe dirigente all’altezza delle potenzialità di sviluppo di questo territorio, senza il quale l’Italia intera pagherebbe costi pesanti.
Dopo gli Stati Generali della Provincia, in cui fra le tante parole, spesso strumentali alla polemica, quelle bipartisan sono state: fare sistema e difendere una struttura industriale per noi vitale, ci aspettiamo i fatti.
Si dimostri ai cittadini che un hub potenziale non verrà ridotto a complesso aeroportuale minore, con servizi di serie B e prevalenza di voli low cost che serviranno solo a depotenziarne lo sviluppo, penalizzare il lavoro, peggiorare le condizioni ambientali. Condizionando negativamente il nostro futuro per decenni.
Recuperi autorevolezza l’amministrazione di Busto nel mettere in campo,da subito, tempi e modi certi nell’utilizzo dei fondi per la realizzazione del Piano Strategico di area vasta e del Piano di Mobilità. Il riscatto di credibilità della classe politica passa da casa nostra. Non perdiamo l’aereo

MERITO e METODO Agesp e le scelte strategiche: sanno cosa fare?

Da qualche anno il Piano Generale di Sviluppo, previsto per legge, accompagna la presentazione dei Bilanci di previsione delle città che vantano amministrazioni capaci. Una sorta di Dpef locale, che specifica le linee di intervento che il governo comunale intende sviluppare nell’arco dei cinque anni del proprio mandato amministrativo, e che il Bilancio dell’Ente articola ogni dodici mesi.
Siamo in attesa della presentazione del Bilancio di previsione, che a breve entrerà nel vivo della discussione. Non chiediamo che Busto intraprenda questa modalità virtuosa di lavoro, per carità. E non perché la città non meriti l’assunzione di una visione strategica del proprio futuro, come noi vorremmo. Quanto perché, se si considera come fino ad ora chi ci governa si è mosso, sappiamo a priori che non avrà attuazione.
Se questa fosse una chiacchierata in video conferenza, domanderemmo: alzi la mano chi, alla caduta della giunta precedente, non aveva tirato un sospiro di sollievo – su molte cose, certo – ma in particolare sull’auspicata fine di quei numerosi contenziosi che attanagliavano il nostro comune, disperdevano le risorse finanziarie, ne logoravano l’immagine pubblica. Specie quando i contenziosi opponevano il Comune a qualche sua partecipata – vedi Agesp Trasporti - indebolendo lo sviluppo della città.
E alzi ancora la mano chi non è caduto nello sconforto quando ha saputo che, in questi giorni, la stessa società è ricorsa di nuovo al TAR contro la speciale tariffa studenti istituita per delibera di giunta lo scorso ottobre. A quanto è dato sapere, i due litiganti non sembrano in disaccordo sul merito, quanto sul metodo. Non si sono parlati, ascoltati, consultati direttamente. Ciascuno andava per la sua strada.
A cose fatte il Sindaco ha minacciato la liquidazione della Società, l’assessore agli affari legali dice di non aver avuto cognizione di quanto stava preparandosi,anche se qualche voce di corridoio “riferiva di possibili sviluppi in questo senso”.
Signori, una telefonata salva la vita! Forse il Presidente di Agesp Trasporti vive su un altro pianeta, e non è raggiungibile neanche telefonicamente.
O forse è presente in città, fa anche parte dello stesso partito, Forza Italia, di Sindaco e Assessore, magari lo stesso di quel nuovo segretario che doveva ricomporne le “anime”?
Sembra uno scherzo, ma di quelli che non fanno ridere.
Noi, che da tempo abbiamo chiesto di affrontare le difficoltà di Agesp Trasporti, ormai al collasso sia dal punto di vista finanziario che dell’inefficienza del servizio, non ridiamo.
Anzi, pensiamo sia il momento di ritrovare serietà di proposta e capacità di aggredire un problema assolutamente prioritario nella vita quotidiana dei cittadini. Quanto accaduto in questi giorni è il segnale dei limiti di questa Amministrazione nell’avviare concretamente un cambio di rotta. Del resto, quando le forze politiche responsabili dei deludenti risultati del passato rimangono le stesse, è difficile aspettarsi un miglioramento vero.
Quello visto è un fatto, grave. Ma nel complesso la linea di strategia industriale dell’amministrazione nei confronti della municipalizzata cittadina, è ambigua e priva di un disegno politico coerente.
Agesp Trasporti è controllata al 60% dal Comune, e per il rimanente 40% da STIE, gruppo privato. La scelta,o più probabilmente la modalità di attuazione della stessa fatta negli anni passati, non si è rivelata in grado di risolvere i problemi di un settore per sua natura non redditizio. Il Gas, fonte di risorse vere, è passato nel dicembre 2006 ad un’altra società, Prealpi Gas, che ha titolo per competere sul mercato.
Di converso, il 17 Dicembre scorso la maggioranza in Consiglio Comunale approva uno schema di statuto per la costituzione della futura BA Global Services SRL, a cui saranno conferiti una serie di servizi del comune, compresa la gestione del patrimonio. Tale società opererà col sistema in house providing, cioè sarà controllata interamente dal comune e non avrà possibilità di accesso al mercato.
Tre modelli di governo diseguali, la stessa azienda cittadina.
Siamo noi, a non capire dove stanno andando, o loro a non saperlo?Oppure c’è chi vorrebbe andare da qualche parte, e le correnti d’interesse lo spingono verso un’altra? Staremo a vedere.

BLUFF O INCAPACITA'? Quale speranza per il prossimo anno amministrativo?

Come sempre accade ad ogni inizio di nuovo anno, dopo averlo aspettato ed esserci preparati cercando di ingraziarcelo con riti propiziatori, lo carichiamo di tutte le nostre aspettative, avendo fiducia che almeno alcune non vengano deluse.
Vale lo stesso per quanto riguarda i bisogni della nostra città. Se dovessimo fare una lista dei problemi che aspettano di essere affrontati e a cui va indicata una soluzione, non riusciremmo nemmeno a nominarli tutti per limiti oggettivi di tempo e di spazio. Proviamo allora ad elencarne un paio, che sono il simbolo di una politica amministrativa finora incentrata più su altisonanti enunciazioni che sulle basi di pratiche concrete, ispirate ad una progettazione di alto profilo.
L’anno appena concluso si aprì con un incontro a Gennaio della Commissione Affari Sociali, che decise l’istituzione di una Commissione Sanità sulla scorta di un annuncio del centro destra in campagna elettorale, poi nuovamente riproposto in qualità di maggioranza di governo: l’istituzione di un Ospedale unico Busto-Gallarate. Questa nuova commissione aveva il compito di iniziare un’analisi dei bisogni del territorio, incontrare gli operatori del settore e delle parti sociali, valutare la fattibilità del progetto e arrivare entro Dicembre 2007 ad una relazione, per avere qualche opportunità di accesso ai finanziamenti Nazionali e Regionali. Nel merito si è riunita una volta sola, per l’audizione del Direttore dell’Azienda Ospedaliera di Busto che ha esposto una carrellata dei buoni risultati fin qui raggiunti dal nostro ospedale. Relazione interessante, senza dubbio. Ma questo è tutto. Ora, delle due l’una: o si è trattato di un bluff elettorale, o dell’incapacità dell’amministrazione di dare gambe e fiato ai propri programmi. O altro ancora, come le divisioni tra le forze del centrodestra e quelle nel partito di maggioranza relativa.
Lo domandiamo con forza noi del PD, con tutti i dubbi e le forti perplessità che nutriamo in merito a questa operazione, ma che non ci sottraiamo di certo al lavoro e alla discussione.
Caro 2008, da te ci aspettiamo qualcosa di meglio.
Altro tema delicato, che rappresenta a nostro avviso la madre di molte difficoltà che rendono difficile gestire la macchina comunale, è la situazione che l’indagine aperta dalla Corte dei Conti sullo scandalo dei cosiddetti “stipendi d’oro” ai dirigenti ha fatto emergere.
Non basta che qualche dirigente, per intervento della magistratura, risarcisca le somme indebitamente intascate. Non si tratta, come vogliono farci credere, di mera disfunzione amministrativa. Qui è in gioco il rapporto di scorretta connivenza tra politica e ruolo dirigenziale che, qualora non affrontato con forza -senza ritorsioni - continuerà a pesare non tanto sul passato, quanto sul futuro della città. Nel 2007 abbiamo capito che la trasparenza vera, quella che avrebbe dovuto coinvolgere tutto il Consiglio Comunale, in cui siedono i rappresentanti eletti dai cittadini, non interessa a questa amministrazione. Il rifiuto della Commissione d’indagine da noi chiesta ne rappresenta il segnale inequivocabile.
Caro 2008, visto che ora i consiglieri di maggioranza hanno avuto tempo per leggere la documentazione, impedimento che non consentì a molti di accogliere positivamente la nostra proposta, credi che nei prossimi mesi avremo migliore soddisfazione?
I lettori seguiranno con noi l’evolversi del caso.
Quanto detto finora rende inevitabile una riflessione conclusiva. Il centro destra cittadino, nell’anno appena trascorso, ha mostrato un doppio limite nel governo della città.
Il primo: mancanza di una strategia coerente e della capacità di mettere in campo risorse adeguate per realizzare progetti concreti.
Il secondo: inadeguatezza nell’elaborare e dare vita ad un progetto di compartecipazione dei cittadini e delle loro rappresentanze, nell’ideazione di un rilancio della nostra città. Non solo per quel ruolo di leadership che tutti le auguriamo di riprendere, ma anche e soprattutto perché è la nostra città,e le vogliamo bene.Caro 2008… speriamo in meglio
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