domenica 30 marzo 2008

BILANCI "SBILANCIATI"! Tapiro d'oro o Tarliso d'oro per vicende sensazionali

Dovessimo istituire in città il rito della consegna del “Tapiro d’oro” (“Tarlisu d’oro” magari, per affidarci a linguaggio e tradizioni locali) cosa accadrebbe? La vicenda logorante del progetto di riqualificazione di Piazza Vittorio Emanuele ne sarebbe uno dei principali destinatari. Con gli occhi fissi su Palazzo Gilardoni – la macchina comunale in stand-by, le indagini della corte dei conti, i bilanci “sbilanciati” che non arrivano e in cui scopriamo nuove passività - non salta agli occhi quanto emblematica politicamente sia quest’opera di urbanizzazione, già prevista da lungo tempo dal Piano Regolatore Generale come attrezzatura di interesse pubblico. Emblematica di una progettualità inconsistente, o quanto meno che stenta a prendere lo slancio quando si deve passare dalle parole ai fatti.
Questa piazza, per la sua storia e la sua collocazione, rappresenta uno dei più importanti elementi che caratterizzano il centro storico di Busto: in collegamento funzionale con le Piazze San Giovanni e Santa Maria, costituisce un sistema a tre poli composto da percorrenze e luoghi di incontro che realizzano una struttura urbanistica omogenea. Una ricchezza che meriterebbe di essere valorizzata, e che ricostituirebbe per Palazzo Cicogna e la Biblioteca Comunale un ambiente più consono al loro valore. Il problema che oggi abbiamo di fronte è la condizione di degrado di un pezzo dell’insieme, vale a dire la piazza oggetto del contendere. Inoltre, l’essere un “parcheggio” a cielo aperto in pieno centro cittadino la rende un’autentica camera a gas in particolari ore della giornata, quando l’impossibilità di posteggiare vede dipanarsi quotidianamente un carosello di auto, incessante quanto inutile. E’ banale asserire che una qualunque idea, sia pur vaga, di fruibilità da parte dei cittadini e dei residenti, nella situazione attuale è del tutto risibile.
Il suo stato di abbandono è il segno dell’inadeguata presa in carico del problema da parte delle amministrazioni che si sono succedute negli ultimi quindici anni. Due leghiste e una della Casa delle Libertà. E a cui quella attuale non sembra voler rimediare, quanto meno nei tempi adeguati allo sviluppo di una città moderna.
La polemica cittadina si avvita attorno all’inerzia di chi amministra, consumando la discussione nella frammentazione del progetto complessivo: da una parte la riqualificazione degli stabili, dall’altra il silos sotterraneo, e infine la collocazione del monumento.
La riqualificazione la vogliono quasi tutti, almeno a parole. Il silos non lo vogliono certuni, capitanati dalla “Voce della città” che ha raccolto le firme per la promozione di un referendum consultivo. Quanto al monumento…ricordate la canzone di Modugno? Dove lo metto, dove lo metto, non si sa.
O forse sì? Qualche giornale sembra saperlo, Palazzo Gilardoni tace, importanti esponenti della maggioranza rilanciano e danno il loro parere su sistemazioni alternative. Dimenticandosi che, avendo avuto la guida della città, avrebbero potuto lavorare a tempo debito. Soprattutto avrebbero avuto tutto il tempo, se davvero lo volevano, di promuovere un ampio dibattito per esporre il progetto nella sua interezza, e valutare i singoli aspetti laddove i cittadini lo ritenessero necessario. Non si è fatto nulla di tutto ciò, dunque inutile gridare di chiudere la stalla quando i buoi sono scappati.
Quello che ci pare il nodo cruciale della questione è però questo: Il rapporto tra amministrazione e capacità decisionale nel confronto col mondo dell’impresa. I tempi si stanno allungando a dismisura, i privati che debbono realizzare il progetto rischiano di non tenere il passo elefantiaco della politica. Qualcuno li chiama speculatori - questi, magari non altri – ma lasciamo a loro la difesa del proprio lavoro. Noi diciamo che così non si entra nel cuore del problema: quanto tempo occorre per decidere? Quanto per argomentare un sì, oppure un no? E una volta scelto - vocabolo che pare una bestemmia in politica - e assunto un impegno, i tempi fanno parte del rispetto dell’assunzione di responsabilità?
Le scelte, soprattutto quelle complesse che comportano cambiamenti sostanziali, sono un strumento utile quando servono al perseguimento dell’interesse generale. L’interazione pubblico e privato, capace di influenzare le dinamiche politiche e impattare sulla crescita economica e sullo sviluppo, possono non rimanere un bel sogno.Eppure, spesso i risultati attesi rimangono delle chimere, come in questo caso. Forse perché la stella polare del processo decisionale del sistema politico va ricercata in fattori diversi dall’interesse generale. Se così è, la riforma del modo di fare politica è la prima riforma del paese, ad ogni livello. Un editoriale simpatico della stampa locale esorta a “Salvare il soldato Gigi”. Salvatelo, sì. Dal fuoco amico però.

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