domenica 22 giugno 2008

IL COMMENTO del Direttore Marcora, che pubblico con stima.

Grazie per il commento.
Grazie per il dissenso. Scopo di ECCOMI! è promuovere il dialogo. Così si fa!
Mi aspetto altri contributi.
So di non essere un buon cristiano.
Entrando in una moschea, a Istanbul, ho fatto il segno dela croce, come fosse un saluto.
Non mi hanno fatto entrare. Ho chiesto scusa, non volevo offendere la suscettibilità del "guardiano", ma nella moschea non ho potuto entrare.
Mia madre da piccolo, mi diceva "poni l'altra guancia", poi però ammoniva "... e ricordati che te ne ho fatte due".
Cordialità. Per le prossime poesie ...aspettiamo.

PARTECIPAZIONE NATURALE Il gusto per le piccole e grandi cose della vita

Sono trascorse poche settimane da una serata piacevole alla Famiglia Bustocca. Si presentava il bel volume di poesie “Eccomi” del nostro direttore, Gianluigi Marcora. Una lettura accompagnata dalle note discrete di una chitarra, alternata dalle canzoni e dalla melodia di una voce straordinaria, quella di Walter Fazio. Piacevole, in particolare, per coloro che come noi scelgono di dedicare alla politica volontaria una parte della propria vita. Per una sera esci dalla consuetudine delle riunioni, degli incontri, dell’approfondimento dei temi che devi affrontare ogni giorno. Sottraendo tempo al lavoro e alla famiglia. Ma soprattutto per una sera ritrovi il gusto per le piccole e grandi cose che riempiono la vita e sono parte del suo senso, e che “ti” sottrai perché una scelta importante fatalmente ne limita altre.
In quell’ambito, una riflessione spontanea, immediata, è sorta quasi da sola: in un momento storico caratterizzato da mutamenti e discontinuità, che producono inevitabilmente il senso di dissoluzione dell’identità, di perdita del radicamento, l’incontro tra persone che sono parte di una stessa comunità è uno straordinario, piccolo gioiello, nella sua semplicità.
Il radicamento è uno dei bisogni più importanti e più misconosciuti dell’animo umano. E’ anche tra i più difficili da definire. Mediante la sua partecipazione reale, attiva e naturale alll’esistenza di una collettività che conservi vivi certi tesori del passato, e certi intendimenti per il futuro, l’essere umano ha una radice. Partecipazione naturale, cioè data quasi automaticamente dal luogo, dalla nascita, dalla professione, dall’ambiente. Dalla religione.
Ad ogni essere umano occorrono radici multiple. Ha bisogno di ricevere quasi tutta la sua vita morale, intellettuale, spirituale, tramite gli ambienti cui appartiene naturalmente.
Questa percezione aleggiava quella sera, molto di questo ci consegnavano quelle poesie. L’incanto non è finito, ma è continuato nella lettura personale del libro. Fino a quando si è interrotto. Bruscamente. La dolcezza delle parole si è fatta fiele, l’apertura del cuore paura, la poesia divisione dell’uomo dall’uomo.
L’Anima degli altri, è lo scoglio in cui siamo incappati. Si parla della nostra religione e dell’Islam. Si parla di poli contendenti. “Noi possiamo andare nell’Islam a edificare chiese? Possiamo mettere una statua, un’immagine di Cristo in una moschea? E pregare davanti a un simbolo cristiano?…Non possiamo. Anche i seguaci dell’Islam, in casa nostra, devono poter dire “non possiamo” senza pretendere nulla; nemmeno la considerazione di chi, per troppo bene o per ignoranza, è disposto a vendere la tradizione e la vita stessa dell’anima: sua e degli altri”.
Siamo andati a riprenderci il bel libro di Joseph Ratzinger: Gesù di Nazareth. Abbiamo riletto il paragrafo sulla parabola del buon Samaritano, ed è tornata la calma del cuore e della ragione.
Nostro Signore insegna:“ Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso.”(Lc 10,27).
Non c’è l’aggiunta: a patto che il tuo prossimo ti ami a sua volta allo stesso modo, e a seconda del tempo in cui vivi e del luogo che abiti. Papa Ratzinger a pag. 234 spiega ancora: “Pertanto qui la domanda è mutata: non si tratta più di stabilire chi tra gli altri sia il mio prossimo o chi non lo sia. Si tratta di me stesso. Io devo diventare il prossimo, così l’altro conta per me come ”. Non si può riportare lo splendore di quel capitolo, bisogna leggerlo, meditarlo, introiettarlo. E viverlo, ogni giorno, a qualsiasi costo e per quanta fatica ci costi.
Nel nostro piccolo, noi pensiamo che gli scambi di influenze fra ambienti molto diversi fra loro siano altrettanto indispensabili quanto il radicamento nell’ambito naturale. Un determinato ambiente dev’essere influenzato dall’esterno non tanto, o non solo, per esserne arricchito. Piuttosto per essere stimolato a rendere più intensa la propria vita e la propria identità.
Nel rispetto delle regole e dei doveri dello Stato, da parte di ciascuno.
La tradizione è importate. Definisce una comunità. Ma non le possiamo sacrificare la verità e la via insegnate dalla nostra religione, nostra per fede o appartenenza culturale.
Sarebbe un’eresia. Questo sarebbe vendere la vita stessa dell’anima. Non solo nostra, ma di tutti i piccoli uomini di domani, ai quali dobbiamo consegnare un mondo migliore dove vivere.
“Dobbiamo, a partire dal nostro intimo, imparare di nuovo il rischio della bontà”(Ratzinger, pag. 236,idem).
Quale arma straordinaria, allora, la poesia!Quella già scritta riflette un momento particolare. Ne ha un’altra da scrivere, direttore. L’aspettiamo

VERITA' E FORMA!

Su mia precisa richiesta, L'INFORMAZIONE ha pubblicato il verbale del mio intervento in consiglio comunale nei tre minuti concessi ad ogni gruppo, in merito al risultato del Referendum.
Il verbale, non ancora sistemato formalmente dopo la sbobinatura, è tuttavia chiaro e dimostra quale
vergognosa figura di bugiardo sia il "signor" Antonello Corrado, Conte di Afragola!

Consigliere D’Adda Erica (L’ Ulivo – Partito Democratico)
Grazie, vorrei innanzitutto esprimere la mia solidarietà all’intervento del Consigliere Salomi per quanto riguarda il Tibet, poi dal Tibet alla Pro Patria, insomma, siamo andati forse un po’ oltre.Due secondi soltanto, volevo prendere la parola per esprimere la mia piena solidarietà a quei circa credo cinquantasettemila cittadini che domenica non sono andati a votare, forse sono saggi e non così sciocchi o disinformati come si cerca di fare passare, quindi spero che l’Amministrazione tenga presente anche loro. E vorrei dire soprattutto, io ritengo che il referendum sia un atto assolutamente democratico e la democrazia costa, quindi non sono certo una che si schiera contro questi aspetti del referendum, però ai referendari vorrei poter dire dopo tanti mesi di polemiche inutili ed anche strumentali, che sarebbe saggezza anche
saper perdere, e perdere con stile. Grazie

FATTI E BUGIE Lettera al Direttore dell'Informazione

Egregio Direttore,

nell’ultimo numero pubblicato ho letto con sconcerto e umana pietà che un collega opinionista , Antonello Corrado, ricorre alla pura menzogna per attaccare la mia persona, e con me, credo, il partito che rappresento.
Argomentando sul Referendum del 25 Maggio, ad un certo punto parla di critiche mosse ai cittadini che hanno votato.
Cito testualmente: ” Tanto per fare uno degli esempi possibili, la Consigliera D’Adda, del Partito Democratico, durante l’ultima seduta del Consiglio Comunale, con un giro di parole, ha sostanzialmente dato dei “tonti” ai concittadini che hanno votato: questa non è etica politica!”.
Il signore utilizza la locuzione “giro di parole”, credendosi così sufficientemente furbo da poter raggirare una eventuale smentita.
Si rassicuri. Non solo la smentita c’è, avendo la Consigliera D’Adda espresso il concetto esattamente contrario, vale a dire che i cittadini rimasti a cosa, il 92% dei bustocchi, non poteva certo essere considerato “stupido”.
Ma, trattandosi del Consiglio Comunale, esiste la verbalizzazione di quanto viene detto, e questo consente di mettere a confronto non due punti di vista, ma un fatto e una bugia.
Per cui è altrettanto possibile adire per via legale e ristabilire la verità.
Se una smentita ufficiale non vi sarà, questa è l’unica strada che ritengo percorribile.
Non credo che questo possa mutare il carattere di chi al confronto politico sostituisce la denigrazione personale.
Potrà servire ai cittadini sapere che la propria dignità non si baratta, e si è disposti a lottare per affermarla.

Erica D’Adda

POLITICA A BUSTO! Cos'ha pensato Farioli mentre parlava la Marcegaglia all'UNIVA?

13, 27, 10 Maggio. Non è la declamazione di un rosario, ma le date degli ultimi Consigli Comunali. Hanno tutti in comune una caratteristica sconfortante: mancano gli atti deliberativi. Vale a dire quei provvedimenti che caratterizzano l’operato della giunta, promuovono discussione e sana contrapposizione fra le forze politiche, sono anticipatrici di azioni concrete sul territorio. Tre consigli che si reggono sulle interrogazioni e le mozioni dei consiglieri, quasi sempre d’opposizione. Consigli senza neppure le prolisse e roboanti dichiarazioni del Sindaco, che hanno caratterizzato le prime assise. Probabilmente c’è poco da dire, per chi alla fine non riempie di contenuti quello che promette.
Chissà cos’ha pensato il nostro Sindaco, sentendo il Presidente Marcegaglia nell’assemblea generale tenutasi il 26 maggio, quando ha parlato della mancata crescita, del non decidere come “un progressivo accumularsi di compromessi , scelte non fatte, volontà di non scontentare nessuno, responsabilità non assunte fino in fondo, incapacità di programmare”. Non sappiamo se a lui è venuto in mente qualcosa, ma a noi sì: l’attuale situazione politica di Busto Arsizio. Una città che appare immobilizzata, priva di un centro direzionale, della necessaria pianificazione. Toccata dal bacio della regina delle nevi, se in area pedemontana non suonasse ridicolo.
Decisionismo, porta il titolo un editoriale del nostro direttore. Non è un termine granché bello. Dal dizionario, nella sua accezione politica:”Pratica di governo caratterizzata dalla tendenza a prendere decisioni senza consultare gli organi rappresentativi competenti o comunque tenendone scarsissimo conto”. Detta così, credo non fosse nell’idea di chi l’ha utilizzata. Decisione, piuttosto, come chiarezza di obiettivi, disponibilità al confronto, messa in opera. RESPONSABILITA’. Questo è il ruolo che chi governa deve esercitare.
Chi è all’opposizione ha l’obbligo di una risposta chiara, una volta per tutte, a una richiesta di spiegazione che lo è altrettanto.
Il PD non ha la guerra nel suo DNA. Non ha nemici, solo avversari politici. Questo è patrimonio del suo agire politico, che il partito a Busto non ha concordato, non intende concordare, non concorderà con chicchessia. Questa è la linea del PD e dei suoi organismi dirigenti. A nessuno è consentito un comportamento differente.
La lista della spesa dei problemi da noi sollevati, non tenuti in seria considerazione dalla maggioranza quando non addirittura bocciati, è lunga. Altre volte abbiamo dimostrato su diverse questioni spirito costruttivo e collaborativo, consapevoli che a richiederlo era il bene della città, non quello della maggioranza o dell’opposizione. I temi sul tappeto che secondo noi vanno sviscerati e discussi li abbiamo posti, e spesso. Il problema è altro: qualcuno viene anche trattato, raccomandazioni e mozioni hanno raccolto un consenso bipartisan. E poi? E poi nulla. Tutto resta uguale a prima.
Oggi è tempo di bilancio. Per noi, per la città. Non abbiamo timore a dire che sono stati ereditati problemi complessi. Uno per tutti: l’indagine della corte dei conti, la macchina comunale in stand by.
Ma un problema non può trasformarsi in alibi per l’inattività, per l’assenza di cambiamento, per l’isolamento. Per anni le precedenti maggioranze sono state accusate di “volersi” isolare, di pensarsi autosufficienti, di non coltivare rapporti con il territorio circostante. Vero o falso, non è questo il punto. Oggi la sensazione è che siamo isolati perché ininfluenti; che il territorio circostante non abbia poi tutta quella voglia di dialogare con noi, visto che può organizzarsi da sé e rapportarsi positivamente a realtà vicine.
Altre opposizioni, non tutte, in sede istituzionale scelgono, legittimamente, modalità diverse di comportamento personale nei confronti di chi non la pensa allo stesso modo. Per quanto poi attiene alle coordinate politiche, con alcuni sono in parte divergenti, avendo fatto una campagna elettorale contrapposta. Con coloro i quali hanno condiviso con noi candidato sindaco e programma politico, non vi sono state da subito le condizioni per un percorso condivisibile, per quanto difficile. Perché, probabilmente, il legame politico era sbagliato fin dall’inizio nell’impostazione e nel merito, come proprio quelli che più credevano nella coalizione si sono ben presto resi conto. Non è un caso che alla fine, anche a livello provinciale e nazionale,le strade si siano divise. In questo forse Busto è stata purtroppo precorritrice dei tempi.
Bob Kennedy, di cui ricorre il quarantesimo dell’assassinio, disse:” Un governo si può fare con chiunque, o quasi, una politica no.” Kennedy voleva restituire il carattere di comunità a una entità atomizzata e disgregata: può essere una politica su cui lavorare anche oggi e qui.Speriamo che la spiegazione sia chiara, se no la colpa è solo di chi ha provato a spiegare.

lunedì 9 giugno 2008

sabato 7 giugno 2008

I...vinti! Se i citttadini, non ti seguono,non ti votano,non sono sciocchi

Questa volta voglio utilizzare lo spazio concessomi per “sparigliare le carte”, come si suole dire. Nell’ intervento di settimana scorsa, parlando del livello della politica nella nostra città, avevo scritto:” Quando i lettori leggeranno queste righe, sapremo i risultato del Referendum sul silos di Piazza Vittorio Emanuele. Saremo in piena zuffa e confusione, perché, statene certi, comunque vada ci saranno solo vincitori e nessun perdente. Saranno scontenti tutti e di nuovo gli uni contro gli altri armati.” Non che occorressero particolari doti profetiche per capirlo, ma la conferma che i commenti prima, e il consiglio comunale di Martedì 27 poi hanno dato di quelle affermazioni, getta nello sconforto.
Partiamo dai risultati: il numero totale degli aventi diritto era di poco più di 60.000 cittadini, con un quorum del 33%. Hanno votato per il referendum in 5.695, pari all’8,69. I “sì” sono stati 662, i “no” 5.019. La stampa ha parlato ovviamente di flop, di sconfitta dalle proporzioni inattese, qualche giornalista brillante ha messo in evidenza che se tremila firme furono raccolte a suo tempo per promuovere questo referendum, probabilmente nemmeno i familiari sono stati convinti a partecipare, per non parlare di amici e conoscenti!
Eminenti cittadini sono intervenuti a favore del voto, soprattutto a favore del “no”. La maggioranza, diciamocelo, sembrava in stato confusionale: qualcuno invitava a votare sì, qualcuno a votare no... Fatta la dovuta eccezione per il collega Lattuada con Azione Giovani, che hanno preso una posizione decisa per l’astensione con argomentazioni chiare.
Così come per quanto ci riguarda, la posizione ufficiale del Partito Democratico è stata ben definita e senza timori: “Non partecipiamo al voto: maggioranza inefficiente, referendum strumentale”.
Visto com’è andata, le parole che a referendum avvenuto riassumevano obiettivamente e senza troppe tortuosità la situazione in essere le abbiamo lette da Azione Giovani: “ Le regole del gioco erano chiare sin dall'inizio: c'è un quorum da superare e ci sono tre opzioni di voto favorevole, contrario e l'astensione. Secondo qualcuno c'è chi ha perso e chi ha vinto secondo noi c'è un solo vincitore: Busto Arsizio”. D’accordissimo.
Invece no. In consiglio abbiamo sentito i fautori del referendum – Audio Porfidio, Tosi Marta, Corrado Antonello - “brandire” in vario modo i 5019 votanti “no” quasi avessero acquisito una qualche presunta egemonia. Quelli rimasti a casa, secondo i nostri, o erano disinformati o, nel migliore dei casi, poco interessati alla democrazia.
Che poi abbiano democraticamente deciso di fare quello che ritenevano opportuno, saggiamente e consapevolmente, com’è giusto che sia, è un’dea che neppure sfiora gli sconfitti. E ripetiamo: i sonoramente sconfitti! Inoltre, che la responsabilità della disfatta non sia di chi ha esercitato secondo coscienza il proprio diritto all’astensione, che in un referendum vale quanto una dichiarazione di voto, non li tocca minimamente.
Qualcuno prima o poi dovrebbe, con tatto e gentilezza, spiegare loro che se i cittadini non ti seguono, non ti votano, non sono loro ad essere sciocchi; non sono nemmeno gli avversari ad essere in malafede: sei tu a non essere convincente. A non avere seguito!
Chi pensa in modo elevato non può che sbagliare in modo abissale, diceva un filosofo. Di converso, chi pensa in modo scorretto, non può che sbagliare in modo… grottesco
.
Adesso è chiaro cosa abbiamo inteso con la frase iniziale,“sparigliare le carte”: non chiuderci nel recinto del “noi” e del “voi”, non pensare che non si possa condividere un giudizio su un problema della città con chi è politicamente lontano da noi, e invece andare alla sostanza dei fatti e dei comportamenti.
Questo è tanto più necessario perché in futuro la realizzazione del progetto deve prevedere ancora diversi passaggi in commissione, e almeno due in consiglio Comunale. Se ne devono valutare con attenzione alcuni aspetti, capire la loro attuazione. Su questo oggi un dibattito serio dovrebbe essere d’obbligo per forze politiche che sono chiamate ad esprimersi nelle sedi decisionali. Vorremmo tanto sperare che possa accadere, con l’ottimismo della volontà. Per Busto, se non altro.
Vorremmo, anche se il pessimismo della ragione ci dice altro.
Forse, come ha detto Giampiero Rossi, si è perso il gusto di fare politica perché non si è più capaci di fare politica. Nel senso di quella che i comunicatori chiamano: ”Truh well told”, Verità detta bene. Laddove verità sta per l’idea, il valore, la soluzione ai problemi magari con i suoi tempi di attuazione e le coperture finanziarie. E laddove detta bene sta per rifiuto di retorica e luoghi comuni, rifiuto delle scorciatoie e capacità di comunicazione innovativa.
Belle parole, ma che c’entrano con gran parte della classe dirigente d Busto?

lunedì 2 giugno 2008

TUTTI COLPEVOLI, NESSUN COLPEVOLE Forse il direttore ha ragione,ma non ne sono del tutto convinta

Leggo uno degli ultimi libri su Aldo Moro, scritto dal suo segretario e portavoce Corrado Guerzoni, e mi soffermo su questa frase del Presidente assassinato, pronunciata ad un convegno verso la fine degli anni ‘60: ” Il puramente tecnocratico, la subordinazione tecnicistica vanno superati dal quadro politico, dalla volontà politica, recuperando le ideologie non come archetipo ma come momento di elaborazione culturale alla luce di un'aspirazione ideale, di un'indagine critica sul profondo travaglio del nostro tempo...Tenere conto dell'opinione pubblica non significa assecondarla in tutti i suoi umori, assumendone una passiva rappresentanza. Si deve capire la gente ma non cedere".
La cito pensando ad una frase dell’editoriale del nostro Direttore sul numero 19 dell’Informazione. Riportando concisamente l’indegno – ma non raro - spettacolo del Consiglio Comunale del 5 maggio scorso, scrive: “Parliamoci chiaro, tutti i nostri rappresentanti politici che abbiamo eletto SONO COLPEVOLI della caciara in comune.” Sono colpevoli sia quelli che promuovono la gazzarra, sia quelli che la subiscono, sia chi non la gestisce. Forse il direttore ha ragione. Forse, ma non ne sono del tutto convinta. Il suo attacco somiglia molto al classico “tutti colpevoli, nessun colpevole”.
Però, persuasi o meno, ci chiama in causa, e su un argomento di vitale importanza per il futuro della politica ad ogni livello. Per quanto piccolissimo ingranaggio della politica, quale io sono, considero un dovere provare a mettermi in gioco riflettendo con i miei concittadini.
Qual è la connessione che vedo tra l’argomentazione di Moro, e la reprimenda di Marcora? E’ questa: quella tra un visione oserei dire profetica del declino della Politica, in tutti i suoi aspetti, e la presa d’atto dell’avvenuto declino.
Non importa se in parlamento è successo di peggio: si mangia si brinda si ingiuria, e di tutto questo se ne va anche tronfi. Non importa se nelle televisioni e sulla carta stampata chi la spara più grossa ha lo spazio più ampio, e diventa o s’inventa il “ personaggio”.
Anche se le condizioni in cui ci troviamo ad agire sono queste, dare il proprio giudizio è necessario. Se il giudizio è negativo va cambiata la rotta. A partire da noi, da ora, da qui: Busto Arsizio.
Quando i lettori leggeranno queste righe, sapremo i risultato del Referendum sul silos di Piazza Vittorio Emanuele. Saremo in piena zuffa e confusione, perché, statene certi, comunque vada ci saranno solo vincitori e nessun perdente, saranno scontenti tutti e di nuovo gli uni contro gli altri armati.
Risultato? I cittadini, che già per la maggior parte avevano capito poco prima, capiranno ancor meno poi, vale a dire dopo aver pagato di tasca propria per non decidere niente e aver votato i loro rappresentanti perché si assumessero il compito di farlo.
Non che fosse una gran decisone, un silos di 150 posti auto, pubblici! Ciò nondimeno, se chi governa non è in grado di promuovere il confronto, e assumere le proprie decisioni in tempi consoni ai bisogni della città e non a quelli biblici, ci si può aspettare altro? Se le tue posizioni “contro” le infarcisci di frottole perché più le sparo grosse e più la gente non capisce ma si spaventa, si arriva lontano?
Del grido:” Chi non è con me è contro di me, anzi forse è disonesto” sono maestri i pifferai del moralismo d’accatto.
Caro Direttore, alzarsi e andarsene a volte è una tentazione. Ma improduttiva. Non importerebbe a nessuno, e a lungo andare non avrebbe neppure senso. Sei stato eletto, è tuo dovere portare a termine il mandato che i cittadini ti hanno assegnato. Nel contesto in cui ti trovi ad operare, che non hai scelto ma è quello che è.
Il vero compito, in prospettiva, è quello di abbandonare le battaglie di retrovia, i contrasti sempre più vuoti di contenuto, le contrapposizioni divenute sterili. Chiamare a raccolta tutte le energie e le persone disponibili per mettere a punto non solo un programma, ovviamente indispensabile, ma soprattutto un’idea della città che vogliamo, secondo una visone del futuro che abbiamo in mente. Portarla a conoscenza degli elettori, dando loro tutti gli elementi per scegliere e per decidere,facendo capire bene chi siamo, cosa vogliamo e cosa rifiutiamo. In un confronto in cui le parti si riconoscono reciprocamente la legittimità democratica.Qualcosa sembra stia accadendo, nel nostro paese. Qualcosa che con il nuovo Statuto della Lombardia è avvenuto anche nel territorio in cui viviamo. Credo ci sia oggi la possibilità di superare le formazioni conservatrici e i partiti d’opinione, puntando a costruire identità forti e coerenti, e al contempo flessibili e aderenti alla società in ogni sua piega, che sappiano corrispondere alle necessità di un’Italia inserita in Europa e nel mondo. Ognuno, nel suo piccolo, farà la sua parte.
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