venerdì 18 aprile 2008

MONDO MIGLIORE Anche a Busto si muore sul lavoro...anche lentamente!

Morire di lavoro? Accade troppo spesso nel nostro paese, e si è ripetuto anche giovedì 10 Aprile a Sacconago, Busto Arsizio: Imed Boujm, 39 anni, un piccolo imprenditore edile tunisino certo venuto in Italia per un futuro migliore, è uscito per lavorare e non è più tornato a casa. Un carico sospeso è scivolato dal gancio della gru e lo ha travolto, uccidendolo sul colpo. In un cantiere all'angolo tra via Magenta e via Toniolo, dove un'impresa di Busto Arsizio sta realizzando un condominio, l’uomo esce per un attimo dalla tettoia dove si trovava al riparo. Si ferma un istante, e proprio in quel momento il carico, un cassone forse con della malta, si sgancia e vola giù per quindici metri, travolgendolo. Era uscito di casa per lavorare. Sarebbe dovuto rientrare a casa, vivo; sarebbe dovuto tornare dalla famiglia. Così non è andata, e non è più accettabile, se mai può esserlo stato. Le persone devono poter tornare la sera, dopo il loro impegno giornaliero, come sono uscite la mattina.
Quello degli incidenti sul lavoro rappresenta un fenomeno drammatico che, tra quelli evitabili, è secondo solo agli incidenti stradali. A cui vanno sommati gli episodi non mortali, ma spesso invalidanti per tutta la vita, e le malattie professionali, di cui si può anche morire, magari lentamente, magari senza far rumore.
Di questa situazione spesso ce ne accorgiamo, e indigniamo, solo quando i casi sono eclatanti: ThyssenGrupp AG, 7 morti, dicembre 2007, Torino; Azienda Renato Cignelli, 4 morti, febbraio 2008, Castiglione di Teverina; Track Center, 5 morti, marzo 2008, Molfetta.
Eppure ogni anno nel nostro paese ci sono più di 1.400 morti. Quasi 4 morti al giorno! Una strage, un dramma che colpisce le famiglie e il sistema Italia. Ci troviamo di fronte ad un fenomeno drammatico che, nonostante gli sforzi compiuti, continua a provocare lutti. E’ necessario che chiunque governi prosegua nel solco dell’opera di prevenzione avviata dal Governo Prodi, e fare della sicurezza sul lavoro non solo una priorità dell’agenda politica, ma anche una vera e propria questione di interesse civile. Il Partito Democratico ha messo in campo una serie di proposte.
Infortuni sul lavoro: premiare chi investe in sicurezza. La Legge delega sulla sicurezza sul lavoro prevede tutte le misure legislative necessarie. Ma è soprattutto questione di gestione e di corretta applicazione delle norme, in un sistema in cui disordine, mancanza di coordinamento, inefficienza la fanno da padroni. Creare un'unica Agenzia Nazionale per la sicurezza sul lavoro, come luogo di indirizzo e coordinamento per l'attività ispettiva, preventiva e repressiva, anche rafforzando il ruolo della concertazione. Inoltre grazie all'attività dell'Agenzia, potrà essere realizzato un sistema di forti premi per le imprese che investono in sicurezza, agendo sul livello della contribuzione. Al tempo stesso, una quota delle risorse del surplus INAIL deve essere utilizzata per aumentare gli indennizzi ai lavoratori infortunati e per aggiornare le tabelle delle malattie professionali.
I lavoratori in nero sono i più esposti al rischio infortuni. Anche alla luce dell'esperienza applicativa della norma sulla sospensione dell'attività per le imprese con oltre il 20% di lavoratori irregolari, vanno premiate le imprese che accolgono l'invito a regolarizzarsi e a rispettare i contratti, come prevedono le intese realizzate tra governo Prodi e parti sociali. L'obiettivo: "cento protocolli di civiltà", uno per ogni Provincia, in cui costruire le condizioni concertate per l'emersione.
A casa nostra, Umberto Colombo,della segreteria CGIL di Varese, ha detto:
“nonostante l’inaccettabile susseguirsi di morti sul lavoro la cultura della prevenzione e della sicurezza fa fatica a penetrare ed ha ancora ruolo marginale. Per questo occorre combattere innanzitutto la filosofia della continua riduzione dei costi a beneficio dei profitti e a discapito della salute e della vita dei lavoratori”. Che diventi un nuovo comandamento della politica: la sicurezza non è un costo. Un costo è la perdita di una vita umana.
«Poteva toccare a chiunque di noi» hanno detto giovedì mattina gli addetti ai lavori dell’edificio in costruzione a Busto, mentre i connazionali della vittima lasciando per qualche ora il cantiere avranno riflettuto su quanto costa “il mondo migliore”. Il Presidente della Repubblica Napolitano ha sentito il dovere di intervenire nel merito, pochi mesi or sono: “E' assurdo che si debba morire sul lavoro… per salari bassi, talvolta indecenti. Non limitiamoci alla denuncia" dice Napolitano, dobbiamo sentire "il dovere istituzionale di reagire, di indignarsi, di gettare l'allarme, di sollecitare risposte. Dobbiamo volere condizioni di lavoro più umane, più civili, più rispettose dei bisogni e della dignità di tutti. Dobbiamo volere un’Italia migliore”. E, aggiungiamo noi, non dimentichiamo mai che: de te fabula narrantur.

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